NUOVO INDICE LPL RISCHIO IMMINENTE

Un nuovo servizio per la comunità: monitoraggio droni e minacce ibride in Europa

Negli ultimi mesi l’Europa sta vivendo episodi che, fino a poco tempo fa, sembravano lontani: droni non identificati sopra basi militari, cyberattacchi mirati, interruzioni delle comunicazioni. La Danimarca e la Polonia sono solo gli ultimi tasselli di una catena di segnali deboli che diventano sempre più forti.

La novità

Prepping Cittadino introduce un servizio dedicato di monitoraggio e analisi delle minacce ibride, con focus particolare sugli avvistamenti di droni e sulle incursioni non convenzionali. È un’integrazione diretta agli strumenti già disponibili sul portale: allerte meteo, black-out, disservizi idrici, mobilità e comunicazioni.

Lo trovi sul canale Telegram

Il nuovo indice LPL RISCHIO IMMINENTE è stato integrato nel seguente canale Telegram:

https://t.me/INDICE_ALLERTA_LPL

Perché è necessario

Gli ultimi eventi mostrano chiaramente che l’Europa non è “fuori dal gioco”. Al contrario, il nostro continente è già bersaglio di azioni che non colpiscono in modo frontale ma cercano di logorare la sicurezza e la fiducia. Per chi si occupa di resilienza urbana e familiare, questi episodi non sono curiosità da giornale, ma campanelli che vanno ascoltati.

L’utilità concreta

  • Comprendere in anticipo gli scenari che potrebbero ricadere anche sulla vita quotidiana (blocchi aerei, stop nei trasporti, interruzioni digitali).
  • Integrare i piani familiari di emergenza con nuove variabili (ad esempio: se lo spazio aereo locale viene chiuso per droni, cosa cambia nella mobilità?).
  • Avere una fonte autorevole e centralizzata che seleziona e interpreta, senza cadere in allarmismi o disinformazione.

Visione a lungo termine

Il progetto Prepping Cittadino non nasce per rincorrere le notizie, ma per creare continuità e credibilità. Inserire il monitoraggio droni significa riconoscere che i rischi moderni non arrivano solo dal maltempo o dalle infrastrutture, ma anche dal cielo e dal cyberspazio. Prepararsi vuol dire allargare lo sguardo senza perdere la concretezza.

Criteri e legenda

Sistema a 5 livelli per classificare il rischio acuto / imminente:

LivelloSignificatoAzione attesa / implicazione
LPL 1 (Molto basso)Minima probabilità di escalation o danniMonitoraggio ordinario, risposta standard
LPL 2 (Basso)Rischio contenuto ma da seguireRafforzare vigilanza, predisporre riserve
LPL 3 (Moderato)Rischio concreto di provocazioniAttivazione capacità antidrone, allerta comandi
LPL 4 (Alto)Minaccia rilevante, possibile incidenteDifesa attiva e misure deterrenti
LPL 5 (Molto Alto)Alto rischio di conflitto / escalationMassima prontezza, possibile risposta militare

Focus

Con questo nuovo servizio, la community guadagna un ulteriore strumento di consapevolezza e resilienza civile dal basso. Non si tratta di militarizzare il dibattito, ma di rendere accessibile a tutti una comprensione più ampia del presente. In un mondo che cambia, la resilienza parte dall’informazione corretta e dall’anticipazione.

BCE E CONTANTE: PERCHÉ AVERE BANCONOTE IN CASA PER ALMENO 72 ORE

Cammini verso il supermercato con la lista della spesa in mano. All’improvviso le casse smettono di funzionare, i bancomat restano bloccati e la tua carta non passa più. Un incubo? In realtà è lo scenario che la stessa Banca Centrale Europea invita a prendere in considerazione.

Non si tratta di allarmismo, ma di una raccomandazione ufficiale: ogni cittadino dovrebbe avere a casa una piccola riserva di denaro contante sufficiente a coprire le spese essenziali per almeno 72 ore.

Perché questa indicazione

Il motivo è semplice: i sistemi digitali non sono infallibili. Blackout elettrici, attacchi informatici o malfunzionamenti bancari possono rendere inutilizzabili carte e pagamenti elettronici. In un contesto di “grave instabilità sistemica”, poter contare su banconote vere e proprie significa non restare tagliati fuori dalle necessità quotidiane.

Cosa significa concretamente

La BCE non indica cifre precise, ma sottolinea la logica del buon senso:

  • abbastanza denaro per fare la spesa alimentare di base,
  • coprire spese mediche urgenti,
  • affrontare piccoli imprevisti senza dover dipendere da sistemi bloccati.

Una misura di resilienza

Non si tratta di tornare al “tutto contante”, ma di prevedere un cuscinetto di sicurezza personale. Così come si tiene in casa acqua o torce in caso di emergenze, avere un po’ di contante è un gesto di prudenza, non di sfiducia verso la tecnologia.

Focus

La raccomandazione della BCE ci ricorda una lezione semplice: l’economia digitale funziona bene finché tutto gira liscio. Ma quando qualcosa si inceppa, la differenza la fa la capacità di ognuno di noi di garantire la continuità della vita quotidiana con mezzi concreti e immediatamente disponibili.

ANSIA COLLETTIVA 2025

quando la paura diventa normalità

Immagina una piazza gremita di persone. Alcuni parlano di politica, altri controllano compulsivamente il meteo, altri ancora hanno gli occhi incollati sulle notifiche. Sotto la superficie, però, c’è un filo invisibile che li lega tutti: un’ansia collettiva che, giorno dopo giorno, si accumula come polvere in un angolo dimenticato.

Le notizie incalzano, senza tregua. Ogni titolo sembra annunciare una nuova emergenza. Così, quello che all’inizio era un allarme autentico, col tempo si trasforma in callo. La mente si abitua al rumore di fondo della crisi, fino a rischiare di deformare il nostro stesso modo di reagire. È qui che la paura smette di proteggerci e comincia a logorarci.

L’indigeno e il cittadino

Il seguente esempio rende bene l’idea.
Un indigeno che vive in una giungla selvaggia affronta ogni giorno rischi concreti: animali, tempeste, scarsità di cibo. Eppure, statisticamente, ha più probabilità di sopravvivere e restare in equilibrio mentale rispetto al cittadino moderno chiamato a percorrere lo stesso tragitto.

Perché? Perché l’indigeno ha sviluppato nel tempo un bagaglio culturale e psicologico che gli permette di affrontare i pericoli con lucidità. Il cittadino, invece, sommerso da stimoli, vive in un contesto psicologicamente più pericoloso: la sua ansia non deriva da un pericolo immediato, ma da un flusso continuo di scenari possibili, raccontati e ingigantiti dai media.

La giungla mediatica

Nel 2025 non serve attraversare una foresta per sentirsi in trappola. Basta accendere lo smartphone.
La giungla oggi è fatta di notizie, notifiche e analisi che arrivano senza pausa. Più informazioni riceviamo, più cresce la sensazione che non ci sia via di fuga.

È un’illusione tossica: come se la quantità di titoli drammatici fosse proporzionale al nostro grado di rischio reale. Eppure non è così. Spesso il pericolo percepito è più grande di quello oggettivo, e questa sproporzione alimenta l’ansia collettiva.

Riprogrammare il DNA collettivo

Quando la paura diventa quotidiana, si rischia qualcosa di ancora più grave: la rassegnazione. L’ansia continua non paralizza soltanto i singoli, ma può arrivare a “riprogrammare” il DNA collettivo di una società.

  • Da cittadini attivi, diventiamo spettatori passivi.
  • Da individui pronti a reagire, ci trasformiamo in massa abituata a subire.
  • Da comunità resilienti, ci riduciamo a gruppi isolati che si chiudono in sé stessi.

Prepping Cittadino come antidoto

Qui entra in gioco il concetto di Prepping Cittadino. Non serve nascondersi né farsi travolgere dall’ansia. Serve invece:

  • allenarsi a distinguere la notizia dal rumore,
  • trasformare ogni allarme in occasione di piccole azioni concrete,
  • condividere pratiche semplici con famiglia, amici, vicini senza esasperare.

Ogni gesto pragmatico riduce il peso dell’ansia collettiva e restituisce il controllo alla comunità.

Esempio reale

In alcune zone, non appena scatta un’allerta meteo anche solo moderata, molta gente tende a correre al supermercato e fare incetta di provviste come se dovesse restare bloccata per giorni.

Durante l’ultima allerta meteo arancione in Liguria (21/22 settembre 2025), in diversi hanno reagito con panico, comprando scorte a caso o diffondendo messaggi allarmistici sui social.

Beh, dal punto di vista psicologico potremmo parlare di una sorta di risposta condizionata o di quello che a volte si chiama un “retaggio di stress collettivo”. In pratica, dopo aver vissuto un periodo prolungato di incertezza (Es: Pandemia e successiva escalation bellica Russia/Ucraina) , il cervello di molte persone ha sviluppato una sorta di “trigger” che scatta al minimo segnale di allarme, anche se in realtà il pericolo è molto meno grave. Quindi un profilo psicologico caratterizzato da un aumento della sensibilità al rischio e una tendenza a reagire in modo cautelativo anche quando non sarebbe strettamente necessario. In sostanza, è come se ci portassimo dietro un riflesso condizionato post-pandemico.

È come se certe abitudini di “panico preventivo” si fossero radicate proprio in quegli anni difficili e adesso saltano fuori anche solo per un’allerta meteo. Insomma, è un po’ come se la pandemia avesse riscritto certe nostre reazioni istintive. E quindi eccoci qui, con scaffali vuoti anche solo per la pioggia annunciata.

Focus

L’ansia collettiva è un virus silenzioso: non colpisce i polmoni ma la capacità di pensare lucidamente. Nel 2025 la vera sfida non è solo sopravvivere a un’alluvione o a un blackout, ma non lasciarsi piegare dalla giungla mediatica.
Il Prepping Cittadino è la cura: azioni concrete, comunità unite, attenzione pragmatica. Solo così la paura rimane ciò che deve essere: un segnale utile, non una condanna.

COMUNICAZIONI POC & PREPPING CITTADINO

Quando un’emergenza colpisce, la prima cosa che spesso viene a mancare non è il cibo o l’acqua, ma la possibilità di comunicare. Che si tratti di un blackout, di un’alluvione o di una rete telefonica sovraccarica, senza voce e senza connessioni ci si ritrova isolati, disorientati e vulnerabili.
Avere uno strumento affidabile per scambiarsi informazioni è la base stessa della resilienza: senza comunicazione non esiste coordinamento, senza coordinamento non esiste sicurezza.

Dalla teoria alla scelta concreta

Con questa consapevolezza, nel contesto Prepping Cittadino abbiamo valutato diversi strumenti:

  • Ponti radioamatoriali, validi ma limitati da licenze e regolamenti;
  • PMR446/CB, semplici ma con copertura molto ridotta;
  • Chat e i social, affidabili in tempi normali ma fragili sotto stress.

Serviva qualcosa di più: un sistema immediato, sicuro, accessibile a tutti e resiliente.

Perché la tecnologia PoC

La PoC (Push-to-Talk over Cellular) risponde a queste esigenze. Trasforma la rete dati (3G, 4G, 5G o Wi-Fi) in un sistema radio immediato: premi un tasto e parli, senza tempi morti e senza fronzoli.
I vantaggi concreti:

  • Copertura estesa: si parla ovunque ci sia rete internet.
  • Immediatezza: la logica è quella dei vecchi walkie-talkie, ma con potenza moderna.
  • Affidabilità: meno vulnerabile ai collassi della rete voce tradizionale.
  • Accessibilità: chiunque può usarla, senza patentini o licenze ministeriali.

La solidità della piattaforma

Non ci siamo fermati alla tecnologia PoC: conta anche chi la gestisce, ecco perché abbiamo scelto iConvNet.

  • iConvNet è una delle piattaforme leader a livello mondiale al fianco di colossi come Motorola e Hytera.
  • I server in cui girano le nostre centrali operative si trovano in Germania, in web farm con sorveglianza armata, affiancati da sistemi di backup e ridondanza.
  • Nonostante i pesanti attacchi informatici che hanno colpito la Germania negli ultimi mesi, la piattaforma non ha mai registrato un singolo down.
  • È utilizzata ogni giorno in Europa e in altre nazioni del mondo da forze dell’ordine, protezione civile, vigili del fuoco e servizi sanitari: i quali non possono permettersi di restare senza comunicazioni.

Grazie alla scelta strategica delle SIM EIOTCLUB, la rete PoC può contare su una SIM multi-operatore affidabile e certificata: se un gestore cade, ci si aggancia automaticamente a quello disponibile. Questo garantisce il massimo livello di resilienza possibile.

Perché non è un “giocattolo”

Un errore comune è pensare che le PoC Radio siano semplici smartphone travestiti da radio. In realtà i dispositivi professionali, come quelli di INRICO che si integrano perfettamente nella piattaforma ICONVNET, hanno:

  • un modulo LTE dedicato e ottimizzato,
  • un’antenna più performante,
  • un hardware progettato per resistere e selezionare meglio il segnale.

Risultato: ricevono e trasmettono con più stabilità rispetto a un normale telefono. Tuttavia, la piattaforma è flessibile: anche uno smartphone può essere trasformato in terminale PoC abilitato, utile in contesti urbani di prepping.

Esperienze vissute sul campo

Non parliamo solo di teoria: abbiamo vissuto in prima persona situazioni emergenziali dove, mentre le linee telefoniche tradizionali erano congestionate o inaccessibili, i terminali PoC hanno funzionato senza problemi.
È un dato di fatto: quando tutto il resto crollava, siamo riusciti a comunicare.

Questo accade anche perché la PoC non è ancora un fenomeno di massa. In Italia siamo pochissimi a conoscerla e, paradossalmente, questo è un vantaggio: in stato di emergenza le reti TLC danno priorità ai canali professionali e alle comunicazioni istituzionali. Le nostre PoC, grazie ai protocolli stretti di banda e al modo in cui la piattaforma è identificata, si “camuffano” come comunicazioni professionali, passando quando WhatsApp, Telegram o le chiamate tradizionali vengono bloccate.

Accesso selezionato e licenze

La nostra piattaforma per ovvi motivi non è aperta a chiunque: manteniamo volutamente un livello qualitativo molto alto.
Per questo utilizziamo le licenze demo di 15 giorni come filtro:

  • durante questo periodo valutiamo la serietà, l’approccio e le caratteristiche delle persone che vogliono entrare;
  • chi dimostra di condividere lo spirito della community può successivamente richiedere una licenza definitiva.

Le licenze hanno un piccolo costo, perché la piattaforma è professionale e a pagamento:

  • Basic: 25 € all’anno;
  • Professional: 30 € all’anno, con tutte le funzioni avanzate abilitate.

Abbiamo già acquistato e sostenuto i costi della centrale operativa per diversi anni, così come lo spazio per creare i canali privati. Per questo motivo chi entra può richiedere la creazione di canali personali (famiglia, gruppo locale, ecc.) gratuitamente. L’unica spesa individuale è la licenza annuale perché purtroppo ICONVNET ce la fa pagare … poco per convenzione ma dobbiamo pagarla.

Contestualizzare la PoC nel prepping cittadino

La PoC non è il “santo graal” delle comunicazioni: va collocata in un contesto realistico.
In Italia la rete cellulare è capillare e, come dimostrano le emergenze recenti, è la prima infrastruttura che viene ripristinata in caso di crisi. Perché? Perché da essa dipendono servizi vitali:

  • banche e pagamenti elettronici,
  • supermercati e distribuzione alimentare,
  • ospedali e pronto soccorso,
  • carburanti e logistica.

Affidarsi alla PoC significa inserirsi dentro questo meccanismo: essere sicuri che, laddove viene ripristinato il minimo indispensabile, saremo tra i primi a poterne beneficiare.

Funzionalità extra

In più, la piattaforma PoC mette a disposizione innumerevoli strumenti utilissimi per un prepping cittadino intelligente:

  • Geolocalizzazione dei terminali per sapere sempre dove si trovano i membri del gruppo.
  • Canali selettivi per comunicare in modo privato o aperto a tutta la squadra.
  • Gestione centralizzata da dispatch center, per chi vuole un controllo professionale.

Questo è solo un piccolo elenco delle funzionalità professionali native della piattaforma su cui basiamo la resilienza delle nostre comunicazioni.

Provarla sul campo

Il modo migliore per capire se tutto questo è vero? Provarlo.
Per questo mettiamo a disposizione un numero limitato di licenze demo gratuite, che permettono di testare per 15 giorni la reale resilienza della piattaforma. È un’occasione per conoscere pregi e limiti di una tecnologia che, già oggi, fa la differenza tra restare isolati o restare connessi.

INTERCETTAZIONE NATO NEI CIELI BALTICI

Nei cieli dell’Estonia si è verificato un episodio che rientra nelle normali attività di difesa NATO: tre aerei militari russi MiG-31 sono entrati nello spazio aereo estone senza piano di volo e senza contatti radio.

Come previsto dalle procedure, sono decollati F-35 italiani, attualmente di stanza nella base di Ämari, che hanno intercettato i velivoli e monitorato la loro rotta finché hanno lasciato la zona.

Cosa significa in pratica

  • Non si è trattato di un combattimento né di uno “scontro a fuoco”.
  • Le intercettazioni fanno parte della missione NATO di Baltic Air Policing, attiva da anni per garantire la sicurezza dei cieli di Estonia, Lettonia e Lituania.
  • Episodi simili avvengono più volte all’anno: spesso si risolvono in pochi minuti, senza conseguenze operative.

Perché viene definita “provocazione”

Le autorità estoni hanno parlato di provocazione per due motivi:

  • Durata: i jet russi sarebbero rimasti nello spazio aereo estone per circa 12 minuti, più del solito.
  • Modalità: trasponder spenti e nessun contatto con i controllori di volo civili, cosa che rappresenta un rischio anche per gli aerei commerciali.

Come leggerlo in ottica di resilienza

  • Pragmatismo: non è un preludio automatico a un conflitto, ma un segnale di tensione che fa parte di un contesto più ampio.
  • Routine: questi eventi sono gestiti con protocolli ben rodati, senza panico né improvvisazione.
  • Consapevolezza civica: informarsi senza cadere nel sensazionalismo aiuta a distinguere tra “rischio reale” e “narrazione mediatica”.

Focus

Non siamo davanti a uno scontro armato, ma a un episodio di pattugliamento che rientra nelle normali attività NATO. La lezione per noi cittadini è chiara: imparare a filtrare le notizie, non lasciarsi trascinare dalla paura e coltivare la lucidità. La resilienza urbana nasce anche da qui: distinguere tra ciò che fa rumore e ciò che conta davvero.

PREPPING VS PREPPING CITTADINO

Immagina due strade parallele: da una parte il prepping classico, dall’altra il prepping cittadino. La prima è un sentiero solitario, carico di diffidenza; la seconda è una via urbana, fatta di volti conosciuti e mani che si tendono.

Il Prepping classico: un’isola circondata da nemici

Il prepping tradizionale nasce da una filosofia egocentrica: accumulare risorse, chiudersi in una fortezza, guardare gli altri come potenziali minacce.

  • Visione apocalittica: scenari estremi, spesso lontani dalla realtà quotidiana.
  • Isolamento: il singolo contro tutti, pronto a difendere il proprio bunker più che a condividere.
  • Inattuabilità: poco applicabile nella vita di città, dove le emergenze reali sono blackout, alluvioni, interruzioni di servizi.

Il Prepping Cittadino: resilienza con senso civico

Il prepping cittadino, o resilienza urbana, rovescia la logica.

  • Primo obiettivo: proteggere se stessi e la propria famiglia.
  • Subito dopo: mettere le proprie capacità a servizio delle persone vicine.
  • Approccio civico: non vedere l’altro come nemico, ma come un “essere umano”.

Non è un’utopia: i gruppi di resilienza urbana da 5-6 persone sono un modello pratico, replicabile.

Non è fantasia, è memoria

Oggi sembra impossibile trovare sei persone affidabili, è vero, non è una cosa semplice, ma: un tempo li chiamavamo amici. Erano i compagni con cui ci si vedeva regolarmente, ci si aiutava nei traslochi, si facevano partite al pallone, escursioni, cene improvvisate, gustose grigliate!!
Oggi quei legami sembrano lontani, ma non sono spariti: basta volerli ricostruire.

Come farlo concretamente

  • Una spaghettata aglio, olio e peperoncino dopo il lavoro.
  • Una passeggiata serale o un’escursione domenicale.
  • Una partita a calcetto o un’attività sportiva di gruppo.

Sono occasioni semplici che creano fiducia reciproca e abitudini comuni, la base della resilienza urbana.

Il filo che lega PoC Radio Italia

La stessa filosofia attraversa PoC Radio Italia: parlare di comunicazioni resilienti non significa parlare di dispositivi, ma di persone. Le radio sono strumenti, il centro resta sempre la relazione umana.

Focus

Chi entra in PoC Radio Italia o abbraccia il Prepping Cittadino non è un apocalittico isolato, ma una persona equilibrata, che vuole ripristinare relazioni sane, concrete e naturali. Non è tornare indietro: è recuperare ciò che abbiamo perso per portarlo nel presente.

IL TEMPO DELLA FIDUCIA: COSTRUIRE OGGI IL TUO GRUPPO DI RESILIENZA URBANA

Cammini in città, la vita scorre come sempre: traffico, uffici, supermercati, bambini che escono da scuola. Tutto sembra normale. Poi, all’improvviso, il buio. Blackout totale. Ascensori fermi, semafori spenti, cellulari muti. In pochi minuti capisci una cosa: se sei solo, sei vulnerabile; se hai un gruppo fidato, sei al sicuro.

La fiducia non nasce in emergenza

La fiducia non è una moneta che si spende al bisogno: si coltiva molto prima. È fatta di piccoli gesti quotidiani, di coerenza, di prove ripetute. Non bastano settimane o mesi. Per arrivare a una fiducia solida servono anni. Non a caso, diversi psicologi e sociologi parlano di un orizzonte di circa cinque anni per consolidare rapporti profondi e stabili: un tempo lungo ma realistico.

In emergenza non puoi chiederti se fidarti: devi già saperlo.

Il gruppo ideale: sei persone

Perché proprio sei?

  • Troppi rischiano di disperdere l’energia.
  • Troppo pochi non garantiscono continuità.
  • Sei è il numero pragmatico: piccolo abbastanza da restare coeso, grande abbastanza da coprire competenze diverse.

È il nucleo duro della resilienza urbana: non un club, ma una squadra.

Parlare la stessa lingua

Avere un gruppo non basta. Bisogna condividere protocolli comuni:

  • stesse modalità di comunicazione (PoC Radio, canali chiari, codici vocali semplici);
  • stessi punti di raccolta;
  • stessi standard di kit base.

Così, quando serve, non c’è confusione: ognuno sa già cosa fare.

Come coltivare la fiducia

  • Relazioni autentiche: prima come persone, poi come compagni di resilienza.
  • Prove regolari: esercitazioni leggere, uscite urbane, test delle radio.
  • Costanza nel tempo: non solo grandi parole, ma azioni coerenti anno dopo anno.

Un esempio concreto

In un quartiere colpito da un’alluvione, sei residenti che si erano preparati insieme da anni hanno reagito come una squadra: hanno diffuso rapidamente le informazioni via radio, messo in salvo due anziani bloccati in casa e organizzato un punto sicuro per le famiglie. Mentre gli altri correvano nel panico, loro avevano già un piano.

Focus

Un cittadino preparato sopravvive. Sei cittadini che si fidano diventano resilienza urbana.
E la resilienza urbana non si improvvisa: si semina oggi, si raccoglie domani.

DIMMI CHE ZAINO PORTI E TI DIRÒ CHI SEI

Cammini per strada e lo vedi ovunque: sulle spalle degli studenti, dei pendolari, dei turisti. Lo zaino è diventato l’oggetto simbolo del nostro tempo, molto più di un semplice contenitore. È uno specchio della nostra psicologia, della nostra filosofia di vita. Per il prepper cittadino, lo zaino è un’estensione della mente: racconta chi sei, come ragioni e quanto sei davvero pronto.

Minimalisti e consapevoli

C’è chi porta con sé il minimo indispensabile.
Lo zaino leggero, essenziale, con poche tasche ben organizzate, appartiene a chi sa esattamente cosa gli serve e perché. È il prepper cittadino maturo: consapevole che in città la velocità e l’agilità contano più della quantità. Un coltellino, una power bank, un telo multifunzione, due medicinali chiave: con poco, questa persona sa cavarsela in tante situazioni.
La filosofia è chiara: più esperienza, meno peso.

Accumulatori insicuri

All’opposto, ci sono quelli che nello zaino mettono di tutto.
Borracce, torce di riserva, tre cambi di vestiti, scatolette per un giorno e mezzo, quaderni, penne, kit di pronto soccorso gigante, magari pure un fornellino a gas. Lo zaino diventa un piccolo bazar portatile. La logica è: “tutto può servire”. Ma in realtà è la spia di un’insicurezza di fondo. Questi zaini spesso restano a casa, troppo pesanti per accompagnare la vita di tutti i giorni. Risultato: più peso, meno libertà.

Lo zaino come status

C’è poi un fenomeno interessante: oggi lo zaino è anche un oggetto sociale. Marchi, materiali, estetica contano tanto quanto il contenuto. Non è raro vedere persone con zaini “tattici” che però dentro hanno solo un laptop e un caricatore. In questo caso, più che la preparazione, parla il desiderio di appartenenza: mostrarsi pronti, sentirsi diversi dalla massa, o semplicemente cavalcare una moda.

La regola del “sapere cosa”

Il vero discrimine non è quante cose porti nello zaino, ma se sai perché sono lì.

  • Ogni oggetto deve avere uno scopo chiaro.
  • Ogni oggetto deve essere utile in più contesti.
  • Ogni oggetto deve rispondere a un bisogno reale, non a un’ansia astratta.

Chi ha interiorizzato questa regola porta uno zaino che diventa strumento, non zavorra.

Focus

“Dimmi che zaino porti e ti dirò chi sei” non è solo un modo di dire: è un invito a guardare dentro di sé. Lo zaino di un prepper cittadino non racconta solo cosa hai deciso di mettere dentro, ma come affronti l’incertezza della vita. Essere preparati non significa caricarsi di oggetti, ma allenarsi a scegliere bene.

IL PARDOSSO ITALIA TRA PAURA E RIFIUTO

Perché il prepping spaventa?

Cammini tra le notizie di questi giorni e sembra che il mondo ti cada addosso: guerra, blackout, tensioni in Polonia. Le persone ne parlano, si indignano, si arrabbiano. Poi, appena sentono nominare “prepping”, alzano un muro invisibile. È come se scattasse un riflesso: “No, meglio non pensarci, mi deprimo ancora di più.”

Eppure i dati del nostro sito raccontano bene la dinamica:

  • ci sono picchi enormi di visite quando accade qualcosa di grave;
  • subito dopo, silenzio, come se tutti avessero paura di restare intrappolati nei propri pensieri.

Il rifiuto emotivo

Non è un problema di visibilità. Non è nemmeno un problema di contenuti. È una reazione culturale ed emotiva:

  • Rigetto difensivo: se ci penso mi spavento, quindi fingo che non esista.
  • Associazione negativa: prepping = apocalisse, bunker, ansia.
  • Uso episodico: cerco informazioni solo quando l’ansia esplode, poi scappo via.

Un fenomeno tipicamente italiano

In altre parti del mondo il prepping è diventato un argomento di massa, discusso apertamente. In Italia resta confinato in una nicchia. Non perché non serva, ma perché parlarne tocca corde troppo profonde: quelle della paura.

Chi cerca Prepping Cittadino non è curioso per caso, ma perché ha sentito un campanello d’allarme. Quando l’allarme svanisce, molti preferiscono tornare alla normalità come se nulla fosse.

Due strade possibili

A questo punto la riflessione è chiara:

  • Accettare la nicchia: non puntare a numeri enormi, ma costruire una comunità piccola, fedele e consapevole.
  • Mascherare il concetto: non parlare di “prepping”, ma di resilienza, organizzazione familiare, gestione intelligente della casa. La sostanza resta, ma senza l’etichetta che spaventa.

La verità nuda e cruda

Il prepping funziona quando la paura bussa alla porta, ma poi viene rigettato per lo stesso motivo: nessuno vuole sentirsi intrappolato nell’ansia.
Il nostro compito non è alimentare questo circolo vizioso, ma trasformare il tema in qualcosa di pratico, concreto e umano.

Prepping Cittadino non vuole fare paura. Vuole essere un porto sicuro: un luogo dove trovare calma, buon senso e strumenti reali per affrontare le sfide moderne.

ITALIA: PREPPING IN CRISI?

Con questo articolo intendiamo proporre un’analisi pragmatica sullo stato reale del PREPPING in Italia. Per evitare congetture e discorsi prolissi, abbiamo scelto un approccio diretto e concreto: affidarci a uno schema chiaro ed essenziale, che vale più di mille parole.

Andamento generale

  • Il prepping non è in crisi totale, ma sta vivendo una trasformazione.
  • Durante la pandemia (2020–2021) ha avuto un boom enorme, con milioni di persone che hanno scoperto il concetto di scorte alimentari, comunicazioni alternative, autosufficienza.
  • Dopo quella fase, l’interesse è calato nei media generalisti, ma non è scomparso nelle comunità di base: si è spostato in canali più settoriali (forum, Telegram, Discord, piccoli blog locali).

Situazione attuale (2024–2025)

  • Eventi come blackout locali, alluvioni urbane, conflitti in Europa, cyberattacchi e interruzioni dei pagamenti in Polonia hanno riportato l’attenzione sul tema.
  • In Italia e in Europa non si parla molto di “prepping” con quel nome, ma di resilienza, protezione civile, sicurezza familiare: i concetti sono simili, solo che cambiano le etichette.
  • In USA il prepping rimane forte, ma è polarizzato: da un lato i “prepper apocalittici” (armi, bunker), dall’altro chi lo interpreta come buona gestione domestica e familiare.

Interesse online

  • I dati di Google Trends mostrano un calo della parola prepping” come termine secco, ma una crescita di ricerche correlate: blackout, sopravvivenza urbana, kit emergenza, comunicazioni alternative.
  • Questo suggerisce che le persone non usano più tanto l’etichetta “prepping”, ma continuano a cercare soluzioni pratiche.
  • In Italia, la narrazione dominante resta “Protezione Civile” e “emergenze meteo”, ma il bisogno di strumenti personali cresce.

Percezione pubblica

  • Il prepping non è mainstream, spesso viene visto con un po’ di sospetto (“allarmismo”, “americanata”), ma non è ignorato.
  • In realtà, molti comportamenti di prepping (scorte alimentari, powerbank, radio alternative, gruppi familiari) vengono adottati senza essere chiamati prepping.
  • Questo significa che la pratica rimane utile e diffusa, anche se il marchio culturale “prepper” non è più al centro della scena.

Focus

Il prepping non è morto né in crisi totale, ma sta cambiando forma:

  • meno “brand visibile”,
  • più comportamenti quotidiani normalizzati,
  • più legato a contesti specifici (famiglia, black-out, emergenze locali).

In altre parole: oggi non tutti dicono di essere prepper, ma molti si comportano già come tali senza rendersene conto.