IL RIARMO GLOBALE DEL 2025: ANALISI

Il mondo sembra avanzare a occhi chiusi verso una nuova stagione di conflitti. Le spese militari superano ogni record, le alleanze si irrigidiscono, vecchie tensioni etniche riaffiorano. Il 2025 appare come il momento in cui la comunità internazionale prende atto che la corsa al riarmo non è più episodica, bensì strutturale. Con una differenza cruciale rispetto al passato: oggi le armi sono più sofisticate, i blocchi di potere più vasti, e le conseguenze potenzialmente devastanti.

Un quadro geopolitico instabile

Il contesto internazionale ricorda, per diffusione e intensità, l’atmosfera che precedette la Prima Guerra Mondiale. Non si tratta di crisi isolate: i diversi teatri si alimentano a vicenda, creando un effetto domino che amplifica l’instabilità.

Europa: la linea del fronte ucraina

La guerra tra Russia e Ucraina, entrata nel suo quarto anno, è ormai una guerra di logoramento. Mosca consolida le posizioni nel Donbass, mentre Kiev fatica a mantenere il fronte nonostante il sostegno occidentale. L’autorizzazione statunitense all’uso delle armi anche contro obiettivi russi segna un salto qualitativo. Intanto, Varsavia rafforza le truppe sul confine, Berlino raddoppia il budget della difesa e la NATO intensifica esercitazioni che simulano lo scenario dell’articolo 5.

Medio Oriente: tra Gaza e l’Iran

Dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, Israele ha lanciato nuove operazioni militari su Gaza, con un bilancio drammatico di vittime. La morte del presidente Raisi ha aperto una fase incerta in Iran, dove gli alleati regionali – Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen – alimentano tensioni lungo i corridoi energetici. Da un lato Israele, Stati Uniti e Arabia Saudita; dall’altro Iran e suoi proxy: lo schema è quello di una contrapposizione permanente.

Asia-Pacifico: la nuova Guerra Fredda

Il confronto tra Stati Uniti e Cina attorno a Taiwan non ha precedenti dalla crisi del 1996. Le esercitazioni militari nello Stretto sono ormai quotidiane, i caccia cinesi superano con regolarità la linea mediana, e Washington rafforza la cooperazione con Giappone e Filippine. Ogni manovra rischia di trasformarsi in escalation non voluta.

Asia meridionale: Kashmir e rivalità atomiche

India e Pakistan vivono una fase di tensione acutissima. Attentati attribuiti a gruppi jihadisti hanno riacceso la miccia in Kashmir. Entrambi i Paesi hanno testato nuovi missili, mentre l’India, spinta da un nazionalismo crescente, rivendica l’annessione totale del territorio conteso. Il Pakistan cerca sostegno internazionale guardando a Pechino e Teheran.

La corsa agli armamenti

Il 2024 ha segnato un record assoluto: 2.718 miliardi di dollari spesi a livello mondiale, con un +9,4% rispetto all’anno precedente, secondo il SIPRI. È il decimo anno consecutivo di crescita, la più rapida dal dopoguerra.

  • Stati Uniti: 916 miliardi di dollari
  • Cina: 296 miliardi
  • Russia: 109 miliardi
  • India: 84 miliardi
  • Arabia Saudita: 75 miliardi

L’Europa cresce ancora di più: +16% in un solo anno, spinta dal conflitto ucraino. Non si tratta di una fiammata momentanea, ma di una trasformazione sistemica delle priorità.

Percentuale sul PIL

  • Russia: 7,1% del PIL in spese militari.
  • Ucraina: 34% del PIL, trasformata in economia di guerra.
  • Israele: 8,8%, sotto la pressione del conflitto a Gaza.

Ben 18 Paesi NATO hanno raggiunto l’obiettivo del 2% nel 2024, contro gli 11 dell’anno prima. È una corsa che sembra non avere freni.

Aumenti nazionali più rilevanti

  • Polonia: +31%, con 38 miliardi di dollari investiti (4,2% del PIL).
  • Germania: +28%, con un fondo speciale oltre i 100 miliardi di euro.
  • Danimarca: ha annunciato il 3% del PIL entro il 2025.
  • Belgio: accelera per raggiungere il 2%.

L’UE spinge con il piano “Readiness 2030”, 800 miliardi di euro fino al 2030 per difesa comune, produzione bellica e cyber-security.

Somiglianze con il 1914

Le analogie con la vigilia della Prima Guerra Mondiale sono impressionanti:

  • Corsa alle armi: allora navi corazzate e artiglieria, oggi droni, missili ipersonici e cyberwarfare.
  • Tensioni economiche: protezionismo, dazi e blocchi commerciali segnano un ritorno alla logica degli imperi.
  • Nazionalismi e conflitti etnici: dal Kashmir al Medio Oriente, scintille locali rischiano di incendiare intere regioni.
  • Alleanze rigide: come la Triplice Intesa e la Triplice Alleanza, oggi NATO, Quad e BRICS creano blocchi contrapposti.

Le istituzioni multilaterali faticano a mediare: l’ONU paralizzata dai veti, l’OMC marginalizzata, i forum internazionali ridotti a palcoscenici polemici.

Conseguenze politiche ed economiche

  • Debito e pressione fiscale: il 2% del PIL in spese militari destabilizza bilanci già gravati dal post-pandemia.
  • Diplomazia in stallo: la deterrenza sostituisce il dialogo, le esercitazioni militari sostituiscono i negoziati.
  • Industria bellica mobilitata: negli USA le scorte di munizioni rischiano di esaurirsi in pochi giorni in caso di guerra ad alta intensità. È già partita la riconversione industriale.

Una fase prebellica sistemica

Il parallelo con il 1914 non è solo suggestivo, ma strutturale. Cinque fattori lo confermano:

  • Riarmo accelerato e diffuso.
  • Blocchi contrapposti e sempre meno flessibili.
  • Crisi etniche e religiose locali a rischio detonazione.
  • Protezionismo che frammenta l’economia globale.
  • Diplomazia paralizzata.

Con una differenza sostanziale: la tecnologia moderna rende il rischio ancora più alto. L’uso di droni autonomi, cyber-attacchi e arsenali nucleari porta la minaccia oltre ciò che era immaginabile un secolo fa.

Il pericolo maggiore non è lo scoppio improvviso di una guerra mondiale, ma la normalizzazione della tensione, che porta gli Stati a vivere in un conflitto permanente “a bassa intensità”, pronto a trasformarsi in qualcosa di più grande.

Focus

Il 2025 segna una svolta: la difesa è tornata al centro delle politiche globali. La storia ci ricorda che le guerre non esplodono per caso, ma quando i margini di manovra si restringono fino a scomparire. La sfida, oggi, è capire se esiste ancora spazio per disinnescare questa spirale.

L’abitudine alla tensione è la vera trappola del nostro tempo. Ed è da lì che potrebbe nascere il prossimo grande disastro.