AUTOVELOX IN ITALIA ECCO DOVE SONO

La chiusura ufficiale del registro nazionale degli autovelox, avvenuta il 28 novembre con comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, segna un punto di svolta per la circolazione su tutto il territorio italiano. Per la prima volta esiste un elenco nazionale che stabilisce con precisione quali dispositivi possono realmente produrre sanzioni e quali, di fatto, diventano inutilizzabili perché non registrati entro i termini. È un passaggio che riguarda automobilisti, amministrazioni, e anche chi ragiona in ottica di Prepping Cittadino, perché interpretare correttamente questo cambiamento non riguarda “evitare le multe”, ma comprendere dove si stanno concentrando i punti critici della viabilità urbana.

Il censimento ministeriale ha richiesto a Comuni, Province, Regioni, Polizie Locali e organi di Polizia Stradale di registrare ogni strumento utilizzato per il controllo della velocità. Tutto ciò che non compare nel registro non può essere utilizzato per accertare violazioni. E questo implica che la presenza ufficiale di un dispositivo non è solo una questione di legalità, ma una fotografia precisa delle zone ad alta criticità individuate dagli enti.

Analizzando, regione per regione, gli elenchi pubblicati, emerge una struttura molto chiara:

– le principali arterie urbane vengono monitorate con sistemi radar fissi a velocità istantanea;
– i tratti a rischio di incidenti gravi mostrano un incremento dei tutor per la velocità media;
– quasi tutte le città metropolitane hanno introdotto telelaser mobili, spesso più numerosi dei dispositivi fissi;
– le tratte autostradali, soprattutto nelle zone collinari e in prossimità di gallerie, presentano installazioni uniformi e costanti.

Per esempio Genova, dove l’elenco ufficiale mostra ad oggi 18 dispositivi attivi in città, i telelaser mobili in dotazione alla Polizia Locale e sette postazioni autostradali tra A7, A10 e A26. Ma lo schema si ripete in tutte le principali città italiane: Milano, Roma, Torino, Palermo, Bologna, Firenze, Napoli. La distribuzione è quasi sempre la stessa, sintomo di una strategia nazionale precisa.

Per il Prepping Cittadino, la mappa aggiornata degli autovelox e dei tutor ha un valore che va oltre la semplice normativa stradale. Questo tipo di dispositivi viene installato dove il traffico raggiunge livelli critici, dove la velocità non controllata produce incidenti, dove le condizioni della strada sono note per creare disagi durante piogge intense o nevicate. Le zone con maggiore densità di autovelox corrispondono spesso ai punti in cui, in caso di emergenza, si rischiano blocchi improvvisi e permanenze forzate in auto.

Non è un caso se molte tratte monitorate sono le stesse che, durante alluvioni, frane, incendi o incidenti multipli, vengono chiuse o ridotte a una sola corsia. Leggere la distribuzione degli autovelox come una parte del “paesaggio del rischio” permette di anticipare problematiche, scegliere percorsi alternativi e pianificare con realismo le routine di mobilità della famiglia.

Il quadro nazionale potrebbe cambiare nei prossimi mesi: il registro sarà aggiornato periodicamente, con la possibilità per i Comuni in ritardo di completare la procedura. Ma dal momento della chiusura ufficiale, tutto ciò che non è inserito nell’elenco non può produrre sanzioni e non viene considerato valido ai fini dell’accertamento delle infrazioni.

La nuova mappa degli autovelox non è solo un elenco tecnico: è un indicatore del comportamento della mobilità italiana e delle strade che richiedono più attenzione in un’ottica di sicurezza personale e familiare. Comprenderla significa leggere il territorio con più lucidità, anche fuori dalla logica delle multe.

I blackout elettrici stanno aumentando in Italia e in Europa. Scopri le vere cause, i dati ufficiali di ARERA e cosa sta davvero minacciando la stabilità della nostra rete.


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LA VERITÀ PROGRAMMATA: GROKIPEDIA & PREPPING CITTADINO

Immagina una mattina qualsiasi. Accendi il computer, cerchi una definizione, una data, un evento. Ti affidi a un’enciclopedia online — come hai sempre fatto — ma quella che leggi non è più scritta da persone. È stata generata da un algoritmo. E quell’algoritmo decide cosa è vero e cosa no.
È appena nata Grokipedia, l’enciclopedia di Elon Musk scritta interamente da un’intelligenza artificiale. E per chi vive con mentalità da Prepping Cittadino, questo non è un dettaglio tecnologico: è un segnale.

QUANDO LA CONOSCENZA DIVENTA MONOPOLIO

Grokipedia nasce come alternativa a Wikipedia, ma ne ribalta la logica.
Dove prima c’erano migliaia di volontari che discutevano, correggevano, contraddicevano, ora c’è una sola entità: l’IA Grok, che scrive, aggiorna e decide.
Una macchina connessa ai flussi informativi globali che promette rigore, ma che — come ogni sistema chiuso — può riscrivere la realtà senza contraddittorio.

In pratica, se la rete comincia a raccontare una bugia abbastanza convincente, Grokipedia la trasformerà in “verità condivisa”.

Per un Prepper Cittadino questo significa una sola cosa:
la disinformazione non sarà più caotica, ma perfettamente ordinata.

RISCHIO 1 – LA CENTRALIZZAZIONE DEL SAPERE

Quando la conoscenza si concentra in un’unica piattaforma governata da un’intelligenza artificiale privata, il primo rischio è evidente: chi controlla i dati controlla la percezione del mondo.
E se l’algoritmo appartiene a un singolo uomo — per quanto visionario — la democrazia dell’informazione si trasforma in un ecosistema monodirezionale.

Implicazione prepping:

  • Le crisi informative possono diventare “invisibili”.
  • I cittadini, privati di fonti alternative, reagiranno più lentamente agli eventi reali.
  • Le narrazioni manipolate potranno mascherare emergenze o amplificare false minacce.

RISCHIO 2 – L’EREDITÀ DEL PREGIUDIZIO

Ogni intelligenza artificiale nasce da dati umani. E gli umani, per definizione, portano bias, ideologie, distorsioni.
Grokipedia, nel suo tentativo di “dire tutta la verità”, rischia di amplificare i filtri culturali già presenti nel web.
Secondo Wired USA, alcune voci mostrano già derive ideologiche — segno che la neutralità promessa è più fragile di quanto sembri.

Implicazione prepping:

  • Le fonti “autonome” potrebbero diventare nuove forme di propaganda invisibile.
  • La fiducia cieca negli strumenti digitali è un rischio strutturale per la resilienza cognitiva.
  • La capacità di analizzare criticamente le fonti deve tornare ad essere competenza di sopravvivenza urbana.

RISCHIO 3 – IL CORTO CIRCUITO DELL’AUTOMAZIONE

Se le intelligenze artificiali iniziano a citarsi a vicenda, il sistema informativo può collassare in un loop di auto-conferma.
Un errore iniziale diventa una verità automatizzata, replicata all’infinito.
In uno scenario di crisi — politica, economica o militare — questo meccanismo può alterare la percezione pubblica di ciò che sta realmente accadendo.

Implicazione prepping:

  • Le decisioni basate su dati “IA-verified” potrebbero portare a scelte sbagliate in situazioni d’emergenza.
  • La manipolazione algoritmica può sostituire la censura tradizionale, più sottile ma più efficace.

LE CONTROMISURE DEL PREPPING CITTADINO

Chi vive la preparazione come cultura civile deve adattarsi anche a questa nuova minaccia: la disinformazione automatizzata.
Ecco alcune contromisure concrete per mantenere indipendenza cognitiva:

  • Costruisci un archivio offline: salva periodicamente pagine, manuali e fonti di valore su dispositivi locali o chiavette protette.
  • Allenati alla verifica incrociata: confronta sempre una notizia su almeno tre fonti non collegate tra loro.
  • Mantieni viva la rete umana: gruppi locali, radio PoC, associazioni e comunità restano il canale più affidabile in caso di blackout informativo.
  • Riscopri la lentezza: prima di condividere o reagire a una notizia, prendi tempo. L’impulsività è il carburante dell’inganno digitale.
  • Studia la provenienza dei dati: impara a leggere chi c’è dietro ogni piattaforma, ogni dominio, ogni algoritmo.

FOCUS

Grokipedia non è solo un esperimento tecnologico.
È il segnale che la battaglia per la verità sta passando dal campo dell’opinione a quello dell’algoritmo.
Per il Prepping Cittadino, la vera resilienza non sarà solo fisica o logistica, ma mentale e cognitiva: la capacità di riconoscere quando il mondo che ci viene mostrato non coincide più con quello reale.

Prepararsi, oggi, significa non delegare la verità a nessuna intelligenza artificiale.

SISTEMA PERIMETR (Dead Hand)

Ecco lo schema operativo sintetico del sistema Perimetr (“Dead Hand”), spiegato passo passo.

Nota rapida: la natura precisa del sistema è parzialmente classificata e oggetto di ricostruzioni da fonti aperte; molte affermazioni sono corroborate da ex-ufficiali, giornalisti e analisti. Le seguenti fasi rappresentano il modello operativo comunemente accettato nella letteratura pubblica.

Schema operativo sintetico

  • Modalità di attivazione (arming)
    Un centro di comando può porre Perimetr in stato di «armamento» — non lancia automaticamente, ma abilita i sensori e gli algoritmi di valutazione. Questo passo è normalmente eseguito manualmente dal comando strategico durante crisi estreme.
  • Monitoraggio multi-sensore continuo
    Una volta armato, il sistema monitora simultaneamente:
    • segnali sismici (onde d’urto da esplosioni),
    • radiazioni anomale nell’atmosfera,
    • variazioni di pressione/luminosità improvvise,
    • degrado o assenza delle comunicazioni via radio e dei canali di comando.
      L’insieme di questi segnali viene correlato per discriminare un grande attacco nucleare reale da falsi positivi.
  • Verifica della catena di comando
    Se il sistema rileva i parametri di allarme, verifica se la leadership e i centri di comando rispondono ai messaggi/heartbeat. Se non risponde (ossia presunto «decapitation strike»), il meccanismo prosegue alla fase successiva.
  • Logica di decisione automatizzata (dead-man / algoritmo di correlazione)
    L’algoritmo confronta i dati sensoriali e lo stato delle comunicazioni. In base alla soglia predefinita e alla configurazione di crisi, il sistema può decidere che la rappresaglia è giustificata. La letteratura indica che Perimetr è stato concepito come semiautomatico: richiede condizioni precise e (storicamente) prevede ancora una forma di input/human-override nei passaggi critici.
  • Esecuzione della trasmissione dei comandi (missili-trasmettitore)
    Se scatta l’azione automatica, Perimetr attiva missili-trasmettitore o sistemi di broadcasting dedicati che sorvolano il territorio trasmettendo i codici d’autorizzazione ad unità missilistiche, silos e altre piattaforme nucleari rimaste operative. Questi «comandi in volo» servono a raggiungere unità che altrimenti non potrebbero ricevere ordini per via interrotta.
  • Ricezione e lancio difensivo/rappresaglia
    Le unità riceventi (silos, basi di lancio, postazioni di lancio mobile, o link ai sottomarini quando possibile) autenticano il messaggio e, se tutte le condizioni sono soddisfatte, eseguono le procedure di lancio secondo i codici contenuti nella trasmissione.
  • Abort/timeout e salvaguardie
    Le descrizioni pubbliche menzionano soglie multiple e, nella maggior parte delle ricostruzioni, la possibilità di intervento umano o di timeout che prevengono attivazioni accidentali. Tuttavia, il grado di automazione vs intervento umano è discusso (alcuni esperti sottolineano che è semi-automatico e non «totalmente senza controllo umano»).

Punti chiave e limiti di certezza

  • Perimetr è largamente considerato reale e basato sul concetto di “fail-deadly” (rappresaglia garantita anche in caso di distruzione del comando).
  • Molti dettagli tecnici rimangono classificati; le ricostruzioni pubbliche si basano su interviste a ex-ufficiali e su analisi di esperti.
  • La forma esatta di automazione (quanto il sistema decida senza input umano) è oggetto di dibattito: la maggioranza delle fonti accreditate parla di semiautomazione con salvaguardie.

POLONIA: L’ESERCITO CHIEDE DONNE E OVER 50

L’esercito apre anche agli over 50 e alle donne: chi sarà convocato per la qualificazione militare 2026

La prossima fase — da record — del processo di qualificazione militare generale inizierà all’inizio del 2026. Non saranno chiamati solo i giovani, ma anche donne e persone con più di 50 anni, comprese quelle che hanno completato gli studi molti anni fa. Scopriamo chi potrà essere convocato davanti alla commissione militare, come si svolge la procedura e cosa comporta realmente la convocazione.

Quando inizierà la qualificazione militare 2026

In Polonia, le qualifiche militari prenderanno avvio il 16 gennaio 2026 e proseguiranno fino al 30 aprile, coinvolgendo tutti i voivodati (regioni).
Secondo le previsioni del Ministero della Difesa Nazionale, circa 235.000 cittadini saranno convocati presso le commissioni mediche distrettuali: si tratta del numero più alto degli ultimi anni, segno dell’importanza crescente che lo Stato attribuisce oggi alla preparazione militare e alla sicurezza nazionale.

Non solo giovani: anche donne e over 50

Il bando non riguarda soltanto i giovani che entrano nell’età adulta, ma anche le persone con più di 50 anni che, per motivi diversi, non hanno mai ottenuto una qualifica militare.
Saranno coinvolti inoltre uomini nati tra il 2002 e il 2006 e donne nate tra il 1999 e il 2007 con formazione o competenze utili in ambito militare, come medicina, informatica o logistica.

L’esercito accoglierà con particolare interesse medici, informatici, autisti, addetti alla logistica e cuochi, cioè professionisti civili con competenze facilmente integrabili nel servizio militare.

“Molti di questi professionisti esercitano la propria attività anche oltre i cinquant’anni. È importante che ogni cittadino conosca le proprie capacità di difesa in caso di un potenziale conflitto, ed è un obbligo legale per tutti noi,” ha spiegato il Capitano Michał Gełej del Centro Centrale di Reclutamento Militare.

Chi sarà convocato

La normativa prevede l’obbligo di presentarsi alla commissione per le seguenti categorie:

  • Uomini nati tra il 2002 e il 2006 che non hanno ancora una categoria di idoneità al servizio.
  • Persone temporaneamente dichiarate non idonee nel 2024–2025 e tenute a un nuovo esame.
  • Donne nate tra il 1999 e il 2007 con formazione o specializzazione in settori rilevanti per la difesa.
  • Volontari di età superiore ai 18 anni che desiderano partecipare.
  • Cittadini fino ai 60 anni che non hanno ancora una posizione militare definita.

Cos’è l’abilitazione militare e cosa comporta

La qualificazione militare non equivale alla coscrizione obbligatoria.
È un processo di verifica e aggiornamento dei registri militari volto a determinare l’idoneità fisica, medica e professionale dei cittadini.

Chi riceve la convocazione deve presentarsi personalmente nel luogo e nella data indicati per:

  • una visita medica,
  • una valutazione dello stato di salute,
  • un colloquio su istruzione e competenze professionali.

L’assenza ingiustificata comporta sanzioni e può portare a convocazioni forzate tramite la polizia.

Le quattro categorie di idoneità

Durante la qualificazione, ogni cittadino riceve una delle seguenti categorie:

  • A – pienamente idoneo al servizio militare, in tempo di pace e in caso di conflitto.
  • B – temporaneamente non idoneo (di solito per motivi di salute), da riesaminare in seguito.
  • D – non idoneo al servizio militare attivo in tempo di pace.
  • E – inabile in modo permanente e totale, sia in tempo di pace che di guerra.

La categoria D equivale a un’esenzione totale?

Molti cittadini credono che la categoria D rappresenti un’esenzione definitiva da ogni obbligo militare.
In realtà, questa categoria vale solo in tempo di pace.
In caso di conflitto armato, anche chi ha ricevuto una categoria D può essere arruolato, soprattutto se possiede competenze ritenute preziose — come formazione medica, logistica o informatica.

Un tassello fondamentale della difesa nazionale

Per la Polonia, il processo di qualificazione militare è un pilastro del sistema di difesa del Paese.
Serve a mappare le risorse umane disponibili, a organizzare la forza di riserva e a permettere allo Stato di reagire rapidamente in caso di emergenza o minaccia.

In definitiva, la qualificazione militare 2026 non è solo una formalità: è una misura strategica che definisce il grado di prontezza di una nazione intera.

ALASKA: IN CORSO EVACUAZIONI DI MASSA

Sono in corso evacuazioni di massa dopo che i resti del tifone Halong ha devastato le comunità costiere nell’Alaska occidentale lo scorso fine settimana.

Il governatore dell’Alaska Mike Dunleavy ha chiesto al presidente Donald Trump di dare il via libera alla dichiarazione di calamità naturale per lo Stato a seguito della tempesta che ha devastato le comunità costiere, provocando evacuazioni di massa.

La richiesta ufficiale di dichiarazione presidenziale di disastro da parte del governatore dell’Alaska Mike Dunleavy è stata fatta intorno al 15-16 ottobre 2025, in seguito alla tempesta che ha colpito le comunità costiere nella prima metà di ottobre 2025, con evacuazioni che sono iniziate già dal 12 ottobre 2025. La dichiarazione di disastro statale da parte del governatore risale al 9 ottobre 2025, mentre l’attivazione della richiesta federale è stata pubblicamente evidenziata attorno al 15-16 ottobre 2025.

Il governatore Dunleavy ha affermato che lui e i funzionari addetti all’emergenza visiteranno la zona colpita per farsi un’idea più precisa delle condizioni dei villaggi colpiti e per iniziare a capire quando e come sarà possibile ricostruire.

L'equipaggio del C-17 Globemaster III della Guardia Nazionale Aerea dell'Alaska, assegnato al 176° Stormo, evacua circa 300 sfollati residenti nell'Alaska occidentale da Bethel, in Alaska, in seguito al tifone Halong, il 15 ottobre 2025. Il Centro Operativo di Emergenza Statale e l'Alaska Organizzata Milizia continuano a coordinare le operazioni di risposta in seguito alla violenta tempesta che ha colpito la costa occidentale dell'Alaska. (Foto della Guardia Nazionale dell'Alaska del sergente Joseph Moon) Questa foto è stata modificata per motivi di privacy sfocando i volti.

Seduti spalla a spalla su aerei cargo stipati, mercoledì oltre 300 residenti evacuati sono stati trasportati in aereo dalla Guardia Nazionale dell’Alaska alla Base Congiunta Elmendorf-Richardson di Anchorage. Da lì sono saliti a bordo di autobus che li hanno portati all’Alaska Airlines Center, un’arena per eventi sportivi. Il Governatore Dunleavy ha affermato che la Croce Rossa sta fornendo cibo, forniture di emergenza e assistenza medica.

La Croce Rossa Americana dell’Alaska ha allestito un rifugio per gli sfollati all’interno dell’Alaska Airlines Center di Anchorage. 16 ottobre 2025.(Croce Rossa Americana dell’Alaska)

Oltre 1.500 persone provenienti da villaggi prevalentemente indigeni hanno perso le loro case quando i resti del tifone Halong si sono abbattuti sulla costa.

Jeremy Zidek, portavoce dell’ufficio statale per la gestione delle emergenze, ha dichiarato all’Associated Press che l’obiettivo è quello di far uscire le persone dai rifugi e trasferirle in camere d’albergo o dormitori.

Si prevede che i voli di evacuazione continueranno venerdì e sabato da Bethel, che è stato un centro di risposta alle emergenze e il principale luogo di rifugio per i residenti trasportati in aereo dalla costa.

Gli abitanti dell'Alaska provenienti dalle comunità della costa occidentale salgono sugli autobus dopo essere arrivati ​​alla Base Congiunta Elmendorf-Richardson, Alaska, il 15 ottobre 2025. L'equipaggio del C-17 Globemaster III della Guardia Nazionale Aerea dell'Alaska, assegnato al 176° Stormo, ha evacuato circa 300 residenti evacuati dall'Alaska occidentale. L'equipaggio del C-17 ha trasportato gli sfollati da Bethel a JBER durante le operazioni di recupero a seguito del devastante tifone Halong che ha colpito la costa occidentale dell'Alaska alla fine della scorsa settimana. La Divisione per la Sicurezza Nazionale e la Gestione delle Emergenze dell'Alaska continua a collaborare con la Milizia Organizzata dell'Alaska e la Guardia Costiera degli Stati Uniti mentre proseguono le operazioni di recupero. (Foto della Guardia Nazionale dell'Alaska di Alejandro)
Gli abitanti dell’Alaska provenienti dalle comunità della costa occidentale salgono sugli autobus dopo essere arrivati ​​alla base congiunta Elmendorf-Richardson, Alaska, mercoledì 15 ottobre 2025.(Foto della Guardia Nazionale dell’Alaska di Alejandro)

Le evacuazioni di massa sono necessarie non solo perché molte case sono inabitabili, ma anche perché le tempeste e l’imminente stagione invernale renderanno difficile, se non impossibile, effettuare riparazioni di emergenza.

Anche la posizione remota di queste comunità contribuisce ad aggravare il problema. Le strade sono poche e i residenti utilizzano barche e motoslitte per spostarsi.

L'equipaggio del C-17 Globemaster III dell'Alaska Air National Guard, assegnato al 176th Wing, collabora con l'equipaggio dell'UH-60L dell'Alaska Army National Guard, con il 207th Aviation Troop Command, per evacuare circa 300 sfollati dell'Alaska occidentale da Bethel, in Alaska, a seguito del tifone Halong, il 15 ottobre 2025. Il Centro operativo di emergenza statale e l'Alaska Organized Militia continuano a coordinare le operazioni di risposta in seguito alla violenta tempesta che ha colpito la costa occidentale dell'Alaska. (Foto per gentile concessione)
L’equipaggio del C-17 Globemaster III della Guardia nazionale aerea dell’Alaska, assegnato al 176th Wing, collabora con l’equipaggio dell’UH-60L della Guardia nazionale dell’esercito dell’Alaska, con il 207th Aviation Troop Command, per evacuare circa 300 sfollati residenti nell’Alaska occidentale da Bethel, Alaska, in seguito al tifone Halong, mercoledì 15 ottobre 2025.(Guardia nazionale aerea dell’Alaska)

La Divisione per la sicurezza interna e la gestione delle emergenze dell’Alaska ha segnalato venti che hanno raggiunto i 160 km/h durante la tempesta.

Le inondazioni hanno raggiunto livelli record nei villaggi più colpiti, Kipnuk e Kwigillingok. A Kwigillingok, i funzionari di emergenza hanno dichiarato che il livello dell’acqua ha raggiunto 2 metri sopra il livello massimo della marea. A Kipnuk, il livello dell’acqua è salito di quasi 2 metri, facendo crollare le case dalle fondamenta.

Il governatore Dunleavy ha annunciato per la prima volta la dichiarazione di stato di calamità naturale l’8 ottobre, prima della tempesta; ha poi esteso tale dichiarazione il 12 ottobre, includendo altre aree man mano che arrivavano le prime segnalazioni di danni.

Oltre 40 comunità hanno segnalato gli effetti della tempesta.

Il comandante della Guardia Costiera statunitense, il Capitano Christopher Culpepper, ha paragonato la distruzione alle conseguenze dell’uragano Katrina, affermando: “Molti di questi villaggi sono stati completamente devastati, completamente allagati, con profondità di diversi metri. Le case sono state sradicate dalle fondamenta. Questo ha messo in pericolo la vita delle persone, che nuotavano, galleggiavano, cercavano detriti a cui aggrapparsi, nascoste dall’oscurità”.

Oltre alle evacuazioni, la Divisione per la sicurezza interna e la gestione delle emergenze dell’Alaska, la Milizia organizzata dell’Alaska e la Guardia costiera statunitense hanno inviato rifornimenti e attrezzature di emergenza a Bethel, dove molte persone alloggiano nei rifugi.

Una donna è morta e altre due persone risultano ancora disperse a causa della tempesta.

IA: OLTRE LA BOLLA TECNOLOGICA

Immagina una città illuminata da schermi futuristici e promesse di progresso: ovunque si applaude l’avanzata dell’Intelligenza Artificiale (IA). Ma dietro quell’eco tecnologica potrebbe celarsi la tensione silenziosa di una bolla che aspetta solo di scoppiare. Questo è il tema centrale dell’articolo de Il Post: “L’intelligenza artificiale è una bolla?” — e vale la pena guardarlo con gli occhi del “prepping cittadino”, per trasformare un potenziale rischio in opportunità di resilienza.

Cosa dice l’articolo — in breve

  • La bolla tecnologica dell’IA
    Alcuni analisti avvertono che l’attenzione, gli investimenti eccessivi e le aspettative esagerate sul potenziale dell’IA potrebbero somigliare a una bolla speculativa. Il valore reale (ossia l’impatto effettivo e sostenibile) rischia di essere distorto, gonfiato dai capitali che cercano rendimento facile.
  • Costi crescenti e rendimenti marginali
    Nuove versioni di modelli linguistici, data center più grandi, infrastrutture colossali: ogni passo avanti richiede investimenti esponenziali, mentre i miglioramenti concreti — in affidabilità, utilità quotidiana — diventano sempre più piccoli, graduali, marginali rispetto al passato.
  • Parallelismi con le bolle passate
    L’articolo richiama analogie con la bolla delle dot-com: quando l’entusiasmo supera i fondamentali, la realtà può reclamare il suo spazio con correzioni improvvise.
  • Conclusione prudente
    L’IA non è certo priva di valore — ma serve cautela, trasparenza, valutazioni realistiche. Non tutto ciò che è «intelligente» ha un ritorno certo. L’augurio finale è che l’analisi e la riflessione precedano l’adozione acritica.

Adattamento al contesto del Prepping Cittadino

Ora trasportiamo quella riflessione nel terreno pratico del prepping urbano: come usare questa riflessione per rafforzare anziché paralizzare la nostra preparazione?

A) Disillusione preventiva = immunità mentale

  • Non idealizzare la tecnologia: l’IA è uno strumento, non un deus ex machina. Se la montagna di promesse si frantuma, chi ha coltivato una visione critica ha già gettato fondamenta solide.
  • Diffida delle soluzioni «magiche»: chi propone gadget con IA che risolve tutto (sicurezza, prevenzione, coordinazione emergenze) rischia di vendere illusioni.

B) Approccio modulare, non tutto-per-uno

  • Integra l’IA dove serve (es. predizione meteo locale, analisi modelli — se accessibile), ma mantieni sistemi analogici ridondanti (mappe cartacee, walkie-talkie, procedure manuali).
  • Non puntare un solo “dispositivo con IA” come unico punto di affidamento. Se falla, l’intero sistema non collassa: fallo modulare, lastre solide, backup analogici.

C) Collaborazione comunitaria, non individualismo tecnologico

  • Usa l’IA come supporto condiviso: un gruppo di quartiere può usare strumenti intelligenti (per esempio analisi dati locali) ma con regole comuni, trasparenza e consapevolezza.
  • Evita che pochi gestiscano “cervelli IA” centralizzati: la resilienza urbana cresce quando il sapere è distribuito, non quando è concentrato.

D) Monitoraggio e revisione continua

  • Se una “bolla IA” scoppia, il sistema reagisce bene se è in espansione controllata e autocorrettiva. Prevedi momenti regolari di revisione: cosa ha funzionato, cosa è diventato costoso, cosa è inutile.
  • Misura l’utilità reale, non le promesse. Se un modulo IA non produce valore concreto, elimina o riduci il suo peso.

E) Cultura del fallback (ripiego)

  • Anche quando la tecnologia funziona, tieni pronti sistemi di ripiego: se un server cade, se la rete va giù, se il modello smette di rispondere — il gruppo sa come agire senza IA.
  • Per ogni tecnologia che introdurrai, chiediti: “Se questa non ci fosse domani, potremmo farcela lo stesso?” Se no, stai costruendo un punto di vulnerabilità.

Focus — Oltre la bolla: la resilienza consapevole

Camminando per la città del futuro, potresti incrociare schermi parlanti, sensori ovunque, droni che consegnano moduli intelligenti. Ma la vera forza non sta nel gadget più avanzato — sta nella rete umana che sa usare la tecnologia senza esserne dipendente, che può correggere traiettoria se l’entusiasmo scorda i limiti.

Come nel prepping, anche con l’IA la parola chiave è annusare l’eccesso prima che diventi crollo, costruire assieme prima che l’uno si affidi all’altro, e mantenersi sempre padroni degli strumenti — non schiavi di essi.

MALPENSA: «ARRIVA MENO CARBURANTE ENI, FATE RIFORNIMENTO IN ALTRI SCALI».

Ecco un riepilogo (“fact‐check” + spiegazione) di quello che emerge dalle fonti sul problema del carburante a Malpensa, e qualche possibile conseguenza:

Cosa dicono le fonti

  • È stato emesso un NOTAM (bollettino ufficiale per gli operatori aeronautici) che segnala una disponibilità ridotta di carburante Jet A1 fornito da Eni per l’aeroporto di Milano Malpensa.
  • La riduzione è dovuta a un guasto in un impianto della raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi.
  • Il NOTAM raccomanda che, quando possibile, le compagnie riforniscano carburante nei precedenti scali di partenza (cioè “tankering” o imbarcare carburante extra prima) per garantire le tratte successive.
  • La validità del NOTAM è indicata fino al 1° gennaio 2026 (mezzanotte).
  • Il calo stimato della produzione: circa 10 % in ottobre e 25 % in novembre.
  • Sono previste misure mitigative:
    • chiedere all’altra raffineria (API-IP) di aumentare la produzione Jet A1.
    • portare carburante da altri impianti Eni tramite autobotti al centro di smistamento a Rho (Milano).
    • far sì che il deposito carburante di SEA (la società aeroportuale) accetti autobotti Eni in via emergenziale.

Perché succede

La causa scatenante è un guasto tecnico nella raffineria Eni, che limita la produzione di Jet A1. Poiché Eni detiene una quota significativa del rifornimento a Malpensa (circa due terzi, secondo fonti di settore) la sua riduzione impatta sensibilmente sull’offerta locale.

In aggiunta:

  • Malpensa ha come fonti di rifornimento solo due raffinerie: quella di Sannazzaro (Eni) e quella di Trecate (API-IP).
  • Se una delle fonti viene compromessa e l’altra non può compensare completamente, ecco che nasce la carenza locale.
  • Le compagnie possono operare “tankering” (trasportare più carburante del minimo richiesto per evitare di dover rifornire nello scalo problematico) quando la rotta e il peso consentono.

Conseguenze possibili e rischi

  • Ritardi o cambi di pianificazione operativa per alcune rotte brevi/medie, specialmente quelle che normalmente rifornivano a Malpensa.
  • Aumento dei costi operativi per le compagnie che devono pianificare rifornimenti alternativi, carburante extra, deviazioni o operare con margini di sicurezza maggiori.
  • Maggiore complessità nella logistica del carburante negli aeroporti limitrofi.
  • Se il guasto perdura, rischio che la capacità di servire voli diventi più limitata, con possibili cancellazioni o modifiche.
  • Impatto sull’efficiente funzionamento delle rotte nazionali/internazionali che utilizzano Malpensa come hub.

Riflessione in chiave Prepping Cittadino

Il caso di Malpensa è un esempio perfetto di come la vulnerabilità non nasca solo da eventi catastrofici, ma da semplici guasti tecnici all’interno di una catena logistica complessa. Un malfunzionamento in una raffineria – un punto su migliaia nella rete energetica nazionale – può bastare a mettere in difficoltà uno dei principali hub aeroportuali italiani.

Nell’ottica del prepping cittadino, questo evento mostra in modo concreto quanto sia sottile la linea che separa la normalità dall’interruzione dei servizi essenziali. Non si parla di blackout generalizzati o guerre, ma di una catena che, spezzandosi in un solo anello, costringe interi settori a riorganizzarsi in poche ore.

Per il cittadino, il messaggio è chiaro:

  • non servono scenari estremi per trovarsi in difficoltà;
  • le crisi più probabili nascono da colli di bottiglia industriali, infrastrutturali o logistici;
  • la vera preparazione è prevedere i punti deboli del sistema e avere alternative pronte.

Nel contesto urbano, un “alert Malpensa” come questo si traduce in un principio chiave:

Prepararsi significa capire quanto dipendiamo da sistemi invisibili e cosa accade quando, anche solo per pochi giorni, smettono di funzionare.

Questo vale per l’energia, i trasporti, le comunicazioni e ogni rete che diamo per scontata. È proprio da eventi “minori” come questo che si possono costruire simulazioni reali di resilienza cittadina, senza bisogno di catastrofi per imparare a reagire con lucidità.

CIAO! CIAO! QUATTRO STAGIONI

Non ci sono più le mezze stagioni: cosa significa davvero per chi vive in città

Cammini per strada a marzo e senti il sole bruciare come fosse giugno. A ottobre, invece, un temporale improvviso dalle classiche caratteristiche estive, ti coglie impreparato. È la scena quotidiana di un’Italia che cambia, dove il proverbiale “non ci sono più le mezze stagioni” non è più solo una battuta, ma un dato di fatto scientifico.

Uno studio pubblicato sulla Geophysical Research Letters ha analizzato oltre sessant’anni di dati (1952–2011), mostrando una tendenza chiara:

  • le estati si allungano,
  • inverni, primavere e autunni si accorciano.

Negli anni ’50 l’estate durava in media 78 giorni. Oggi supera i 95.
La primavera è scesa da 124 a 115 giorni, l’autunno da 87 a 82, l’inverno da 76 a 73.
E se le proiezioni saranno confermate, entro il 2100 l’estate durerà quasi sei mesi.

Dal proverbio alla realtà urbana

Per il cittadino, questa trasformazione non è un concetto astratto. Si traduce in:

  • ondate di calore più lunghe e intense, che mettono sotto pressione anziani, bambini e chi lavora all’aperto;
  • periodi di siccità urbana, che riducono l’acqua disponibile e indeboliscono il verde cittadino;
  • temporali violenti e improvvisi, capaci di allagare in pochi minuti strade, garage e linee metropolitane;
  • costi energetici altalenanti, con climatizzatori sempre accesi e impianti elettrici sotto stress.

La frase “non ci sono più le mezze stagioni” diventa allora un segnale di allerta per chi vive in città: un promemoria di quanto sia necessario adattarsi, prepararsi, costruire una resilienza climatica urbana.

Prepping cittadino: agire prima che arrivi l’ondata

Prepararsi non significa temere il peggio, ma organizzarsi in modo intelligente. Alcuni gesti concreti:

  • tenere in casa una scorta minima d’acqua e generi non deperibili, utile in caso di blackout o disservizi idrici;
  • avere un powerbank sempre carico per affrontare ondate di calore con potenziali interruzioni di corrente;
  • conoscere le vie di deflusso e i punti alti del proprio quartiere, per evitare allagamenti improvvisi;
  • imparare a usare una PoC Radio o una rete locale di comunicazione, per restare in contatto anche se le linee telefoniche dovessero avere dei problemi;
  • curare il verde domestico e condominiale: piante e alberi ben gestiti riducono le temperature e migliorano l’aria.

Una nuova normalità

Il clima non “tornerà come prima”.
Le stagioni non scompariranno, ma continueranno a mutare, comprimendosi o espandendosi come un respiro irregolare. E noi, come cittadini, dobbiamo imparare a vivere dentro quel ritmo, adattando casa, abitudini e comunità.

Non è catastrofismo. È pragmatismo.
La vera sfida del Prepping Cittadino è questa: trasformare l’incertezza in prontezza, l’adattamento in cultura, e la consapevolezza in azione quotidiana.

Focus
Non ci sono più le mezze stagioni, ma possiamo scegliere come affrontare le nuove. Prepararsi oggi non significa solo difendersi dal caldo o dal freddo: significa imparare a convivere con un mondo che cambia, costruendo città e comunità più resilienti, solidali e consapevoli.

ESCALATION AUTOMATICA

Il termine “escalation automatica” indica un rischio molto concreto nei sistemi di deterrenza nucleare moderni: parliamo di una reazione militare innescata non da una decisione politica, ma da una catena automatizzata di procedure, sensori o interpretazioni errate.

Spieghiamo il concetto in modo chiaro e realistico, punto per punto.

Cos’è l’escalation automatica

È il meccanismo per cui una crisi limitata o un errore tecnico può attivare una risposta militare su larga scala, senza che i vertici abbiano il tempo di verificare o correggere l’errore.
Accade quando:

  • i sistemi di allerta precoce (radar, satelliti, sensori) segnalano un presunto attacco nucleare in arrivo;
  • le procedure automatiche di risposta prevedono il lancio di contromisure o di armi prima di avere la certezza assoluta;
  • il fattore umano è ridotto o soggetto a stress, disinformazione o errori di comunicazione.

Perché oggi il rischio è maggiore

Negli ultimi anni:

  • i tempi di reazione tra il rilevamento di un missile e l’impatto si sono ridotti da 20 minuti a meno di 6, a causa dei missili ipersonici;
  • i sistemi radar e satellitari devono decidere quasi in tempo reale se un segnale è reale o un errore;
  • l’intelligenza artificiale militare inizia a essere impiegata per filtrare dati e “decidere” priorità di risposta.

Tradotto: i margini per la prudenza politica si assottigliano.
Basta una falsa traccia radar o un bug di comunicazione per attivare in automatico protocolli di difesa reale.

Esempi storici reali

  • 1983 – Tenente Stanislav Petrov (URSS): il sistema sovietico segnalò falsamente un lancio di missili USA. Petrov disobbedì al protocollo e non diede l’ordine di risposta. Se avesse obbedito, oggi l’Europa sarebbe un deserto.
  • 1995 – Allarme in Russia: un razzo meteorologico norvegese fu interpretato come un missile nucleare; la valigetta di lancio fu consegnata a Eltsin. L’attacco fu evitato per pochi minuti.

Perché le esercitazioni simultanee aumentano il rischio

Quando NATO e Russia conducono esercitazioni nucleari nello stesso periodo:

  • entrambe simulano lanci, movimenti di bombardieri, comunicazioni codificate e attivazioni radar reali;
  • i radar dell’altro lato non possono sapere se si tratta di simulazione o preparazione reale;
  • in caso di errore tecnico, l’altra parte potrebbe interpretare l’esercitazione come attacco e reagire automaticamente.

È ciò che si teme per il periodo 20–26 ottobre 2025, quando Steadfast Noon (NATO) e Grom (Russia) saranno sovrapposte.
Un solo evento mal interpretato (es. lancio di un missile di test, un drone fuori rotta o un blackout di comunicazione) potrebbe attivare un protocollo automatico di risposta nucleare.

  • Probabilità di un’escalation automatica reale: bassa, ma non trascurabile (stimabile tra 3% e 5% in contesto di esercitazioni parallele).
  • Conseguenze in caso di errore: catastrofiche.
  • Motivo di preoccupazione: la densità di esercitazioni contemporanee con sistemi reali in allerta.
  • Livello LPL stimato: LPL 3 → rischio elevato ma contenuto, con potenziale di salto improvviso a LPL 4 se si verificano incidenti o interferenze radar.

Non è una legge fisica, ma una regola strategica, costruita sulla logica del “Mutual Assured Destruction” (MAD): distruzione reciproca assicurata.
Perché “devono” rispondere, anche se sembrerebbe più sensato non farlo?

La logica base: deterrenza, non vendetta

L’intero equilibrio nucleare mondiale si regge su un concetto:

“Non si usa mai l’arma atomica, ma si deve convincere l’avversario che la useremmo senza esitazione.”

In altre parole:

  • la forza della minaccia vale più della forza reale dell’arma;
  • se una potenza nucleare subisce un attacco e non risponde, l’intero sistema di deterrenza crolla all’istante;
  • ciò incoraggerebbe altri nemici a colpire, sapendo che non ci sarà reazione.

Per questo, ogni dottrina nucleare prevede una risposta automatica o garantita, anche se politicamente assurda.
Non per distruggere, ma per mantenere credibile la paura che impedisce agli altri di colpire per primi.

Il concetto chiave: “second strike capability”

Tutte le potenze atomiche serie (USA, Russia, Francia, Cina, Regno Unito, ecc.) mantengono una capacità chiamata second strike:

  • significa che anche se subissero un attacco nucleare devastante,
    hanno comunque i mezzi per rispondere con la stessa potenza;
  • questi mezzi sono sottomarini, missili mobili e basi disperse difficili da distruggere in un primo colpo.

Questa garanzia di “rappresaglia certa” serve proprio a impedire il primo colpo dell’avversario.
Se sai che la tua mossa ti garantisce la distruzione, non la farai mai.

Il problema del “non rispondere”

Immagina che un missile nucleare colpisca una città europea o americana.
Se la potenza colpita non reagisse:

  • l’avversario capirebbe che la minaccia non era reale;
  • perderebbe senso l’intera struttura di alleanze e di deterrenza globale;
  • tutte le potenze minori inizierebbero a riarmarsi o a cercare nuove protezioni.

In altre parole, il mondo precipiterebbe nel caos strategico.
Per evitarlo, la risposta nucleare è considerata “obbligatoria per la sopravvivenza del sistema”, non per vendetta.

Come si cerca di evitarlo

Gli stati maggiori lo sanno: un solo errore porta all’annientamento reciproco.
Per questo, negli ultimi 40 anni si sono sviluppati:

  • linee dirette di comunicazione (“telefono rosso”) tra Mosca e Washington;
  • sistemi di conferma multipla prima del lancio (più codici, più persone);
  • politiche di risposta proporzionata (colpire una base militare e non una città, per esempio).

Ma resta vero che la credibilità della deterrenza richiede la possibilità della risposta totale.
È un equilibrio psicologico, non razionale.

In termini pratici

Se un missile nucleare viene lanciato:

  • I radar lo rilevano in pochi secondi.
  • I sistemi stimano il punto d’impatto.
  • Se confermato, i protocolli prevedono un contrattacco immediato prima che l’altro possa colpire di nuovo.
  • Dopo pochi minuti, l’escalation diventa irreversibile.

Nessuno “vuole” rispondere, ma non rispondere significherebbe perdere ogni capacità di deterrenza per sempre.

Quindi …

  • Non è una scelta emotiva, ma una regola strategica imposta dalla logica della sopravvivenza del sistema.
  • Tutti sanno che se la deterrenza fallisce una volta, non funziona più per nessuno.
  • È per questo che oggi il mondo vive in una pace forzata e instabile, tenuta insieme da una minaccia che nessuno può permettersi di rendere falsa.