L’importanza del supporto psicologico e della narrazione dei fatti

Quando l’acqua si ritira, il dolore non scompare con essa. Inizia allora una fase difficile che non si misura solo nei danni da riparare, ma nelle ferite invisibili che il trauma lascia dentro. Qui entra in gioco la dimensione psicologica: accanto a caschi e scope, servono orecchie che ascoltano e parole che aiutano a rimettere insieme i pezzi.

Le ferite che restano

Le alluvioni spesso provocano ciò che la cronaca non racconta: ansia, incubi, senso di perdita e disorientamento profondo. Come spiega un reportage, “gli eventi climatici improvvisi come le alluvioni causano emozioni acute…” Fonte: Internazionale. Se non elaborate, queste emozioni possono diventare vere e proprie ferite dell’anima.

Il valore del supporto psicologico

In Emilia-Romagna, nel 2023, è stato attivato il progetto “Vivere Meglio”, che mette a disposizione migliaia di interventi gratuiti di consulenza e psicoterapia per chi ha vissuto il trauma dell’alluvione FONTE: Sanità Informazione. Questi percorsi sono fondamentali per accompagnare le persone da uno shock acuto verso una fase di ricostruzione interiore.

Strategie pratiche di aiuto

  • Supporto immediato – Quando possibile, la psicologia dell’emergenza usa modelli come il CISM (Critical Incident Stress Management) con fasi di supporto sul campo, defusing e debriefing VEDI ARTICOLO: Wikipedia.
  • Ascolto e contatto concreto – È fondamentale sentirsi meno soli. A Faenza, dopo l’alluvione del 2023, è stato attivato un servizio di supporto psicologico e socio-amministrativo: rispondeva non solo ai bisogni materiali, ma anche emotivi della comunità VEDI: EMERGENCY.
  • Numeri utili e canali dedicati – In molte zone colpite sono stati istituiti numeri verdi e linee telefoniche con psicologi formati per affrontare traumi post-evento VEDI ARTICOLO: ordinepsicologier.it.

La narrazione come terapia

Raccontare la propria esperienza – scriverla, condividerla, riconoscerla – è una forma attiva di guarigione. Dare un senso ai fatti aiuta a superare il trauma. Anche i gruppi di supporto tra vicini o famiglie diventano luoghi di resilienza condivisa VEDI ARTICOLO: Wikipedia.

Focus

Il tempo della ripresa non è solo quello delle macerie spazzate via, ma anche quello del cuore che si ricostruisce. Il supporto psicologico non è un lusso, è una cura necessaria. Dare voce al dolore, raccontare ciò che è accaduto, trovare comunità che ascoltano: tutto questo ci rende più forti e pronti a ricostruire con dignità.

Quando tutto va bene… continuare ad allenarsi lo stesso

Perché la calma è il momento migliore per prepararsi

Molte famiglie iniziano a prepararsi solo dopo una scossa emotiva: un blackout imprevisto, un alluvione sfiorata, un amico colpito da un evento improvviso.
Ma la verità è che la miglior preparazione nasce nei momenti di calma, quando tutto va bene.
È proprio allora che si può costruire con lucidità, serenità e continuità.

L’allenamento non serve solo a “prevenire”

Serve a:

  • Rafforzare la memoria dei gesti importanti
  • Consolidare abitudini che diventano automatiche
  • Tenere alta la soglia di attenzione senza stress
  • Alimentare il senso di responsabilità condiviso

Allenarsi quando va tutto bene evita di farsi travolgere quando qualcosa va storto.

La preparazione familiare è come un muscolo

Non lo usi, si indebolisce.
Lo alleni un po’ alla volta, diventa naturale.

  • Simulare un blackout di sera ogni 2 mesi
  • Fare una mini-esercitazione radio ogni settimana
  • Rivedere insieme la posizione dello zaino e dei documenti
  • Ripassare le parole chiave e i punti di raccolta

Tutto con leggerezza, senza mai creare ansia.

Coinvolgere i bambini: il gioco della tranquillità

Quando tutto va bene è il momento giusto per:

  • Trasformare la simulazione in gioco
  • Creare storie a tema “preparazione”
  • Allenare l’autonomia (ad esempio: “cosa metteresti nello zaino oggi?”)

In assenza di urgenza, il gioco educativo diventa uno strumento potentissimo.

Quando la preparazione è invisibile ma presente

Il vero prepping familiare è quello che non si vede ma si sente:

  • La radio è lì, carica, pronta
  • I numeri sono scritti anche nel portafoglio
  • Le batterie vengono cambiate senza pensarci
  • Ognuno sa, più o meno, cosa fare in caso di bisogno

E questo accade senza fanfare, allarmi o stress.

Coltivare la cultura della prevenzione come valore

Far passare ai figli l’idea che:

  • La preparazione è normale
  • La prudenza non è paura
  • L’attenzione è una forma d’amore

…significa dare loro uno strumento per tutta la vita, che useranno anche da adulti, anche lontano da casa.

Focus

  • I momenti tranquilli sono i più adatti per costruire la resilienza
  • L’allenamento familiare rafforza legami e automatismi utili
  • Prepping cittadino non è allarmismo, ma cultura della responsabilità
  • Bambini e anziani si coinvolgono meglio quando c’è serenità
  • La normalità è il terreno ideale per educare alla prevenzione

Attività di gruppo che rafforzano il legame familiare e la resilienza

Perché prepararsi insieme rafforza anche ciò che conta di più

Una famiglia forte non si costruisce solo nei momenti difficili.
La resilienza si sviluppa nei giorni tranquilli, attraverso attività condivise che uniscono, insegnano e preparano.
Prepararsi all’emergenza può diventare un’occasione per rafforzare il legame tra genitori, figli, nonni e anche vicini.

Piccole simulazioni, grandi connessioni

Organizzare ogni tanto una simulazione familiare – blackout, alluvione, evacuazione – può:

  • Allenare la mente a reagire con lucidità
  • Insegnare a cooperare sotto pressione
  • Fare emergere ruoli, punti di forza e vulnerabilità

L’importante è il tono: ludico, sereno, collaborativo.
Mai ansiogeno.

Giochi cooperativi che insegnano a comunicare

Giochi semplici da fare in casa:

  • “Chi trova prima…” (torcia, radio, acqua, ecc.)
  • “Staffetta della calma”: passarsi messaggi con tono pacato
  • “Caccia al kit”: trovare oggetti utili in varie zone della casa
  • “Cambio ruolo”: il bimbo diventa il capo famiglia per 5 minuti

Giocare rafforza la capacità di ascolto, la collaborazione e la sicurezza emotiva.

Progetti pratici da fare insieme

Fare cose con le mani unisce e insegna.

  • Preparare insieme lo zaino di emergenza di ciascuno
  • Sistemare una cassetta degli attrezzi
  • Riordinare la dispensa o etichettare le scorte
  • Montare una mensola per i kit di emergenza
  • Registrare insieme i contatti di tutti su carta

Non serve “parlare dell’emergenza”.
Serve viverla con naturalezza.

Uscite all’aperto con scopi utili

Passeggiate, gite, escursioni brevi:

  • Camminare e usare la mappa
  • Allenarsi a osservare il territorio
  • Provare a comunicare via radio su brevi distanze
  • Raccogliere erbe commestibili o fare un piccolo fuoco (dove permesso)

La natura insegna molto più di un manuale.
E farlo insieme crea memorie emotive forti.

Ascolto reciproco come allenamento emotivo

Dedicare 10 minuti a settimana per un “check-in familiare”:

  • Come ti sei sentito questa settimana?
  • C’è qualcosa che ti ha preoccupato?
  • Se domani ci fosse un’emergenza, cosa ti piacerebbe sapere prima?

Questo rafforza la coesione emotiva e previene panico e disorganizzazione.

Focus

  • Le attività di gruppo creano fiducia, calma e cooperazione
  • Anche giocando si può insegnare a gestire l’imprevisto
  • La preparazione è più efficace quando coinvolge tutti
  • Progetti manuali, natura e ascolto rafforzano la resilienza
  • L’unione familiare è il primo vero strumento di emergenza

Micro-preparazioni settimanali: cibo, acqua, energia, comunicazione

Piccoli gesti costanti che fanno la vera differenza

Non servono settimane di ferie per prepararsi.
La vera resilienza nasce da micro-preparazioni costanti, integrate nella routine della settimana.
Bastano 20 minuti ogni 7 giorni per mantenere la famiglia pronta in modo semplice, equilibrato e senza stress.

Cibo: rotazione intelligente e scorte vive

Non accumulare scatolette fino al soffitto.
Meglio:

  • Aggiungere ogni settimana 2-3 alimenti a lunga conservazione (riso, legumi, barrette)
  • Ruotarli con il consumo normale: ciò che entra prima, esce per primo
  • Avere sempre 3 giorni di pasti pronti per tutta la famiglia
  • Tenere anche snack semplici per bambini e anziani

Una buona scorta è invisibile, accessibile, utilizzabile.

Acqua: una riserva semplice, costante e pulita

Ogni settimana:

  • Controlla lo stato delle bottiglie conservate (evita esposizione diretta a luce e calore)
  • Svuota e riempi nuovamente le taniche usate per il backup idrico
  • Verifica la disponibilità di metodi alternativi (filtri, pastiglie, bollitori da campeggio)

Avere 6 litri d’acqua a persona per almeno 3 giorni non è difficile:
è una questione di abitudine, non di allarmismo.

Energia: autonomia minima sempre attiva

Settimanalmente puoi:

  • Controllare la carica di batterie ricaricabili e powerbank
  • Tenere caricato almeno un dispositivo (cellulare, torcia o radio) ogni giorno a rotazione
  • Verificare lo stato delle lampade d’emergenza
  • Sperimentare brevi momenti “senza corrente” come esercizio familiare

La domanda giusta da porsi è:

“Se saltasse la luce adesso, cosa useremmo per 12 ore?”

Comunicazione: testare, provare, simulare

La preparazione alla comunicazione non si fa nel caos, ma nel silenzio.
Ogni settimana:

  • Accendi per 5 minuti la PoC Radio e fai un test con un altro membro della famiglia
  • Simula brevi messaggi vocali da usare in caso di emergenza
  • Verifica che tutti abbiano numeri scritti su carta, nel portafoglio o nello zaino
  • Allenati a trasmettere con voce calma e chiara un messaggio semplice (es. “tutto ok”, “sto tornando”, “ci vediamo al punto A”)

Scegli un giorno della settimana e rendilo routine

Può essere la domenica mattina, il lunedì sera o il sabato pomeriggio.
Importante è che sia sempre lo stesso, riconoscibile e leggero.
Non deve diventare un obbligo, ma un piccolo rito.
Un segnale concreto d’amore e protezione per la famiglia.

Focus

  • Il prepping settimanale richiede meno di mezz’ora
  • Basta mantenere cibo, acqua, energia e comunicazioni sotto controllo
  • Piccole azioni costanti evitano accumuli disordinati
  • La routine dà sicurezza a tutta la famiglia
  • La resilienza si costruisce con la semplicità, non con la paranoia

Ricominciare insieme: piccole azioni per ritrovare un senso comune

Non si torna come prima, ma si può andare avanti. Insieme.

Dopo un evento traumatico – che sia una perdita, un’evacuazione, un crollo emotivo o fisico – la tentazione di chiudersi ognuno nel proprio dolore è forte.
Ma proprio in questi momenti, il nucleo familiare può diventare il luogo in cui si rinasce, anche a pezzi, anche fragili.
La chiave non è fingere che non sia successo nulla. La chiave è fare qualcosa, insieme. Anche di piccolo.

I gesti quotidiani sono la prima cura

Non servono discorsi profondi. Spesso, basta:

  • Rifare il letto insieme
  • Preparare un pasto condiviso
  • Rimettere a posto una stanza con calma
  • Portare fuori il cane a turno
  • Fare una passeggiata, senza fretta, ma insieme

Sono azioni apparentemente banali, ma ristabiliscono la normalità, e con essa un nuovo equilibrio.

Creare nuovi rituali (anche temporanei)

L’evento traumatico ha rotto una routine.
Ricostruirla da zero, anche solo per qualche settimana, può aiutare tutti i membri del nucleo familiare:

  • “Ogni sera alle 20 spegniamo tutto e parliamo”
  • “Ogni sabato cuciniamo qualcosa di nuovo”
  • “Ogni mattina scriviamo un pensiero su un foglietto e lo lasciamo in cucina”

La ripetizione di gesti crea un senso di direzione. Anche nella nebbia.

Coinvolgere tutti, secondo possibilità

Ripartire insieme significa non lasciare indietro nessuno.
Anche bambini e anziani possono fare qualcosa:

  • I più piccoli possono disegnare ciò che provano
  • Gli adolescenti possono aiutare con la tecnologia o l’organizzazione
  • Gli anziani possono raccontare come si sono rialzati altre volte nella vita

Dare voce e ruolo a ciascuno genera dignità e appartenenza.

Parlare del futuro, anche solo un po’

  • “Cosa faremo quando tutto questo sarà finito?”
  • “Che posto vorresti visitare?”
  • “Se potessimo cambiare qualcosa della nostra vita, da dove iniziamo?”

Sono domande semplici ma potentissime, perché spostano l’attenzione dal passato al possibile.
Non negano il dolore. Lo accompagnano oltre.

Aiutare altri aiuta se stessi

Se la famiglia è pronta, coinvolgersi in piccoli gesti solidali può accelerare la guarigione:

  • Fare una donazione
  • Aiutare un vicino
  • Scrivere una lettera a chi ha perso di più
  • Raccontare la propria esperienza per ispirare altri

La solidarietà trasforma il dolore in forza condivisa.

Focus

  • Ricominciare non è un colpo di spugna, ma una scelta quotidiana
  • Gesti semplici e ripetitivi aiutano a ritrovare stabilità
  • Coinvolgere ogni membro della famiglia rafforza il senso di unità
  • Parlare del futuro apre varchi di speranza
  • Aiutare gli altri è anche un modo per guarire

Cos’è il Prepping Cittadino applicato alla famiglia: tra saggezza antica e tecnologia moderna

Chi ha vissuto accanto a un nonno contadino o a una nonna che sapeva aggiustare tutto con ago e filo, sa esattamente cosa significa prepararsi alla vita. Non c’era nulla di estremo: era solo buon senso. Oggi quella saggezza rischia di scomparire, travolta da una cultura che vive alla giornata, ma possiamo salvarla — e aggiornarla — grazie al concetto di Prepping Cittadino.

Una preparazione quotidiana, non apocalittica

Nel sentire comune, “prepping” evoca bunker, scorte esagerate, paura del collasso. Ma il Prepping Cittadino applicato alla famiglia è tutt’altro. Non si basa sull’allarmismo, ma sulla prevenzione concreta.
Significa avere una torcia che funziona, uno zaino pronto in casa, sapere dove si trovano le chiavi di scorta, avere contatti rapidi con chi si ama. Significa sapere come reagire a un blackout, a un’alluvione, a un imprevisto.
Non per vivere nella paura, ma per proteggere ciò che conta, serenamente.

La saggezza di ieri, gli strumenti di oggi

Oggi possiamo integrare ciò che i nostri nonni facevano d’istinto con ciò che la tecnologia ci mette a disposizione.

  • Dove loro usavano un barattolo di fagioli, noi possiamo aggiungere un powerbank carico.
  • Dove loro avevano una radio a batterie, noi possiamo usare una PoC Radio per rimanere in contatto con chi conta.
  • Dove loro si affidavano alla memoria, noi possiamo creare una checklist condivisa di famiglia su carta o app.

Il punto non è sostituire il passato, ma fonderlo col presente, per non perdere il buono di nessuno dei due.

Famiglia come unità di resilienza

Prepararsi da soli è importante. Ma prepararsi in famiglia è un altro livello.
Significa sapere dove sono i propri figli in caso di emergenza.
Significa che anche i bambini possono imparare a usare la torcia o a fare una chiamata in caso di bisogno.
Significa che se succede qualcosa mentre uno dei due genitori non è in casa, l’altro sa già cosa fare.
E tutto questo senza panico, senza ansie, ma con metodo e semplicità.

Un esempio concreto

Mettiamo che salti la corrente per 12 ore.

  • In casa c’è una torcia per ogni camera?
  • Qualcuno sa dove si trova la radio d’emergenza o la PoC?
  • C’è acqua sufficiente per tutti, almeno per una giornata?
  • I nonni, se vivono da soli, sanno chi chiamare subito?

Rispondere “sì” a queste domande non richiede un master, ma solo attenzione e amore.

Prepping è amore, non paura

Prepararsi non significa aspettarsi il peggio.
Significa voler bene abbastanza da non farsi trovare impreparati.
Significa voler dare sicurezza ai propri figli, non con le parole, ma con i fatti.
Significa usare la tecnologia in modo intelligente, senza farsi dominare, ma mettendola al servizio della famiglia.

Quindi?

  • Il Prepping Cittadino familiare non è estremo, è quotidiano.
  • Unisce il buonsenso del passato agli strumenti di oggi.
  • Coinvolge tutta la famiglia con semplicità.
  • Serve a vivere meglio, non a vivere nella paura.

E soprattutto: inizia da piccoli gesti. Da una torcia pronta. Da un messaggio condiviso. Da una scelta d’amore.