Ricominciare insieme: piccole azioni per ritrovare un senso comune

Non si torna come prima, ma si può andare avanti. Insieme.

Dopo un evento traumatico – che sia una perdita, un’evacuazione, un crollo emotivo o fisico – la tentazione di chiudersi ognuno nel proprio dolore è forte.
Ma proprio in questi momenti, il nucleo familiare può diventare il luogo in cui si rinasce, anche a pezzi, anche fragili.
La chiave non è fingere che non sia successo nulla. La chiave è fare qualcosa, insieme. Anche di piccolo.

I gesti quotidiani sono la prima cura

Non servono discorsi profondi. Spesso, basta:

  • Rifare il letto insieme
  • Preparare un pasto condiviso
  • Rimettere a posto una stanza con calma
  • Portare fuori il cane a turno
  • Fare una passeggiata, senza fretta, ma insieme

Sono azioni apparentemente banali, ma ristabiliscono la normalità, e con essa un nuovo equilibrio.

Creare nuovi rituali (anche temporanei)

L’evento traumatico ha rotto una routine.
Ricostruirla da zero, anche solo per qualche settimana, può aiutare tutti i membri del nucleo familiare:

  • “Ogni sera alle 20 spegniamo tutto e parliamo”
  • “Ogni sabato cuciniamo qualcosa di nuovo”
  • “Ogni mattina scriviamo un pensiero su un foglietto e lo lasciamo in cucina”

La ripetizione di gesti crea un senso di direzione. Anche nella nebbia.

Coinvolgere tutti, secondo possibilità

Ripartire insieme significa non lasciare indietro nessuno.
Anche bambini e anziani possono fare qualcosa:

  • I più piccoli possono disegnare ciò che provano
  • Gli adolescenti possono aiutare con la tecnologia o l’organizzazione
  • Gli anziani possono raccontare come si sono rialzati altre volte nella vita

Dare voce e ruolo a ciascuno genera dignità e appartenenza.

Parlare del futuro, anche solo un po’

  • “Cosa faremo quando tutto questo sarà finito?”
  • “Che posto vorresti visitare?”
  • “Se potessimo cambiare qualcosa della nostra vita, da dove iniziamo?”

Sono domande semplici ma potentissime, perché spostano l’attenzione dal passato al possibile.
Non negano il dolore. Lo accompagnano oltre.

Aiutare altri aiuta se stessi

Se la famiglia è pronta, coinvolgersi in piccoli gesti solidali può accelerare la guarigione:

  • Fare una donazione
  • Aiutare un vicino
  • Scrivere una lettera a chi ha perso di più
  • Raccontare la propria esperienza per ispirare altri

La solidarietà trasforma il dolore in forza condivisa.

Focus

  • Ricominciare non è un colpo di spugna, ma una scelta quotidiana
  • Gesti semplici e ripetitivi aiutano a ritrovare stabilità
  • Coinvolgere ogni membro della famiglia rafforza il senso di unità
  • Parlare del futuro apre varchi di speranza
  • Aiutare gli altri è anche un modo per guarire

Come parlare ai bambini di lutti, incidenti, perdite

Dire la verità con parole che aiutano, senza ferire

I bambini percepiscono molto più di quanto si creda.
Anche se non comprendono tutto razionalmente, sentono le tensioni, notano i silenzi, osservano gli sguardi.
Ecco perché, in caso di lutti, incidenti o eventi dolorosi, è fondamentale parlare, non tacere.
Ma serve farlo nel modo giusto: chiaro, sincero, senza creare ulteriore trauma.

Non mentire, ma calibrare le parole

Mentire “per proteggerli” crea sfiducia e genera paure più grandi.
Un bambino lasciato nell’ignoranza riempie i vuoti con l’immaginazione, spesso peggiore della realtà.
Occorre dire la verità, ma con parole adatte all’età:

  • Semplice: “Nonna è morta” è meglio di “ci ha lasciati”
  • Concreta: “Non tornerà più, ma possiamo ricordarla insieme”
  • Accogliente: “Se hai domande o vuoi parlare, puoi farlo con me”

Accettare le emozioni, anche se forti

Il dolore di un bambino non va censurato.
Pianto, rabbia, confusione, silenzio: ogni reazione è legittima.
Un adulto deve contenere, non correggere:

  • “È normale sentirsi così”
  • “Anche io mi sento triste”
  • “Non devi essere forte per forza”

L’adulto deve essere presente, non perfetto.
Deve esserci uno spazio sicuro dove sentire, piangere, chiedere.

Evitare frasi che confondono

Frasi come:

  • “Dio l’ha voluto con sé”
  • “È andato a dormire per sempre”
  • “È colpa tua perché l’hai fatto arrabbiare”

…possono generare sensi di colpa, paura della morte, angoscia religiosa.

Meglio dire:

  • “A volte succedono cose che non possiamo controllare”
  • “Non è colpa di nessuno”
  • “Anche se non lo vediamo più, possiamo tenerlo nel cuore”

Dopo il dialogo: continuità e presenza

Parlare è solo l’inizio.
Il vero supporto è esserci nei giorni successivi, non solo nell’immediato.
Routine, affetto, disponibilità al dialogo, attenzione ai segnali di disagio.

E se il dolore del bambino è troppo grande da gestire da soli, chiedere aiuto è un atto di responsabilità, non di debolezza.

Focus

  • Parlare della morte ai bambini è difficile, ma il silenzio è peggio
  • La verità, se detta con amore, non ferisce ma aiuta a elaborare
  • Ogni emozione va accolta, mai sminuita o corretta
  • I bambini hanno bisogno di verità, presenza e continuità, non di bugie rassicuranti
  • L’adulto guida con l’esempio: non servono risposte perfette, serve esserci davvero

Viaggiare in sicurezza: trasporti, rifugi, tappe di sosta

Per muoversi durante un’emergenza serve una strategia, non solo benzina

L’evacuazione non è solo uscire da casa: è muoversi in modo sicuro verso una meta, sapendo dove ci si può fermare, cosa si troverà lungo la strada e come affrontare gli imprevisti.
Non si può improvvisare. Serve un piano di viaggio, alternativo ai normali spostamenti quotidiani, basato su realismo e adattabilità.

Mezzi di trasporto: cosa valutare prima

Non sempre l’auto sarà disponibile, accessibile o consigliata. Occorre prepararsi considerando:

Auto privata

  • Controllare periodicamente carburante, olio, batteria, ruota di scorta
  • Mantenere in auto un piccolo kit d’emergenza: acqua, snack, powerbank, mappa cartacea, torcia, cavo USB
  • Considerare percorsi alternativi a quelli principali (evitare autostrade congestionate)

Trasporto pubblico

  • Verificare orari d’emergenza di treni, bus, traghetti
  • Conoscere punti di accesso secondari (es. stazioni minori)
  • Portare contanti (bancomat spesso inutilizzabili in blackout)

A piedi o in bici

  • Prevedere tratti percorribili senza mezzi (centro urbano bloccato, zona rossa)
  • Zaino leggero, scarpe comode, mantella impermeabile
  • Tappe brevi, punti di ristoro, zone d’ombra, possibilità di ricarica dispositivi

Rifugi e mete sicure: come scegliere e preparare

Un “rifugio” non è per forza un bunker. Può essere:

  • Casa di parenti o amici in zona tranquilla
  • Strutture pubbliche designate dalla protezione civile
  • Luoghi “neutri” già visitati: campeggi, chiese, aree sportive, agriturismi

Prima della crisi:

  • Parla con almeno 2 contatti fuori città: chiedi disponibilità in caso di emergenza
  • Identifica 1 rifugio principale e 1 secondario
  • Segna tutto su mappa cartacea e digitale
  • Concorda cosa portare, quanto puoi restare, come raggiungerli

Tappe intermedie: pause, ristoro, cambio mezzi

Durante un viaggio familiare in emergenza è utile prevedere:

  • Tappa ogni 2-3 ore per riposo e valutazione della situazione
  • Zone già note (parcheggi, stazioni di servizio, aree protette)
  • Luoghi dove è possibile chiedere informazioni o rifornirsi
  • Punti con copertura radio o rete per aggiornare i contatti

Evita improvvisazioni: le soste vanno pensate prima, con attenzione a sicurezza, visibilità e accessibilità.

Pianificazione smart del percorso

  • Non sempre il più veloce è il più sicuro
  • Stampa le mappe dei percorsi alternativi (evitare solo app digitali)
  • Valuta punti critici: ponti, gallerie, zone soggette ad alluvione
  • Stabilisci una frase di conferma da inviare al raggiungimento di ogni tappa

Focus

  • Viaggiare in emergenza non è fuggire: è trasferirsi temporaneamente in sicurezza
  • Ogni famiglia deve avere un piano B, C e anche D
  • Rifugi, mezzi, contatti, soste: tutto deve essere pensato prima, non durante
  • L’evacuazione è un movimento ordinato, non una corsa nel caos

Proteggere le informazioni sensibili (documenti, numeri, farmaci)

Quando ci si muove, tutto ciò che è essenziale deve essere già pronto, sicuro e accessibile

In caso di evacuazione improvvisa, ciò che dimentichi potrebbe farti più male di ciò che lasci.
Tra le priorità c’è la protezione dei dati e delle informazioni sensibili della famiglia: documenti, numeri di emergenza, terapie, allergie, schede mediche, contatti.
Queste informazioni devono essere salvate, duplicate e trasportabili in modo sicuro, sia in digitale che in formato cartaceo.

I documenti fondamentali da proteggere

Ogni nucleo familiare dovrebbe predisporre una cartellina d’emergenza (fisica o digitale) con i seguenti elementi:

  • Carta d’identità e codice fiscale (copie)
  • Tessera sanitaria
  • Permesso di soggiorno o documenti particolari
  • Patente di guida
  • Libretto sanitario, schede mediche, vaccinazioni
  • Ricette e piani terapeutici
  • Informazioni bancarie essenziali (senza codici di accesso)
  • Polizze assicurative e recapiti dei referenti
  • Documenti catastali o del domicilio (contratti, utenze)
  • Certificati di invalidità o esenzioni

Come archiviare in modo sicuro

Formato cartaceo

  • Plastificare le copie principali o usare una busta impermeabile
  • Una copia va nello zaino d’emergenza, una in un luogo sicuro
  • Ogni componente adulto può avere una mini-scheda personale plastificata

Formato digitale

  • Usare una chiavetta USB criptata.
  • Salvare tutto anche in cloud criptato accessibile da dispositivi mobili
  • Memorizzare solo i dati strettamente utili, niente informazioni bancarie complete o password

I numeri da avere sempre con sé

  • Familiari stretti
  • Medico di base
  • Pediatra
  • Contatti scuola
  • Referente familiare fuori zona
  • Emergenze locali
  • Farmacia di fiducia

Creare una scheda plastificata con tutti i numeri, leggibile anche in condizioni di scarsa luce o pioggia.

Farmaci e informazioni sanitarie

  • Ogni persona con terapia attiva deve avere:
    • Nome del farmaco
    • Dosaggio e orari
    • Motivo della terapia (es. diabete, pressione, asma)
    • Intolleranze e allergie note

Tutti i farmaci devono essere già confezionati in un kit portatile, possibilmente con blister originali, evitando contenitori anonimi.

Cosa fare per bambini, anziani e disabili

  • Creare una scheda personale semplificata, con foto, nome completo, contatti dei genitori o tutor
  • Includere patologie, farmaci, allergie, eventuali necessità particolari
  • Da inserire nello zaino o nel giubbotto del bambino/anziano
  • Per i disabili, indicare anche strumenti di supporto necessari e livello di autonomia

Focus

  • Le informazioni vitali devono poter essere accedute in ogni momento, anche senza rete e senza corrente
  • Serve una doppia strategia: cartacea impermeabile e digitale criptata
  • Ogni componente della famiglia deve sapere dove si trovano queste informazioni e come accedervi
  • I dati sanitari e identificativi salvano tempo e vite in caso di smarrimento o intervento dei soccorsi

Come restare in contatto anche in zone diverse

Se la famiglia si divide, serve un piano chiaro per sentirsi e ritrovarsi

Durante un’evacuazione o una crisi, può succedere che i componenti della famiglia si trovino in zone diverse: uno al lavoro, l’altro in strada, i bambini a scuola, un nonno in casa.
Quando non ci si può muovere insieme, la priorità diventa restare in contatto, anche con reti deboli o assenti.
Per farlo servono strumenti alternativi, piani di comunicazione condivisi e messaggi chiari.


1. Prima regola: prevedere la separazione

Il vero errore è pensare: “Tanto saremo insieme”.
Serve un piano specifico per:

  • Contattarsi anche da luoghi differenti
  • Stabilire quando e come ci si aggiorna
  • Concordare cosa fare se la rete non funziona

Un buon piano familiare deve includere:

  • Un canale principale (PoC, cellulare, app)
  • Un canale secondario (messaggio scritto, nota lasciata, punto di raccolta)
  • Un orario concordato per i check-in

2. Strumenti per comunicare in zone diverse

PoC Radio

  • Prioritaria per comunicazioni rapide e dirette
  • Funziona anche con poca rete o in ambienti saturi
  • Gruppo familiare preimpostato: basta un tasto per parlare con tutti

Cellulare + SIM di operatore alternativo

  • Utile avere almeno un telefono in famiglia con SIM diversa
  • Le reti spesso collassano a livello locale: doppia copertura aumenta la possibilità di connessione

Messaggi precompilati (in bozza)

  • Avere già pronti SMS o note come: “Sono al punto A. Tutto ok.”
    “Impossibile comunicare. Vado al punto B.”

App leggere e offline-ready

  • Alcune app permettono comunicazione via Bluetooth o Wi-Fi diretto (es. Bridgefy, Briar)
  • Ideali per ambienti urbani saturi, ma richiedono installazione preventiva

Scheda cartacea nel portafoglio o zaino

  • Ogni familiare dovrebbe avere una scheda con:
    • Nomi, contatti, punti di ritrovo
    • Messaggio di orientamento per soccorritori
    • Informazione su dove ci si dirigerà in assenza di comunicazioni

3. Routine da stabilire prima della crisi

  • Orari di contatto: ogni 2 ore, o in momenti specifici
  • Codici vocali per confermare messaggi: es. “Verde ricevuto”, “Punto A confermato”
  • Frequenze radio assegnate: per chi usa dispositivi PoC o ricetrasmittenti
  • Responsabile di backup: una persona fuori dalla famiglia diretta che può ricevere aggiornamenti da più membri

4. Se tutto fallisce: usare lo spostamento ragionato

  • Seguire il piano di raccolta (Punto A o B)
  • Lasciare un messaggio fisico nei luoghi previsti
  • Non cambiare continuamente direzione
  • Aspettare nei punti concordati, anche se la rete non torna subito

Focus

  • Restare in contatto in zone diverse è possibile, se il piano è fatto prima
  • La tecnologia aiuta, ma va integrata con piani cartacei e routine familiari
  • Ogni familiare deve sapere: dove andare, chi contattare, cosa fare se non riesce a parlare con nessuno
  • Comunicare è il ponte che mantiene unità anche nella distanza

Comunicazioni efficaci prima di abbandonare casa (verbali e scritte)

Perché prima di uscire bisogna parlare, lasciare tracce, dare indicazioni

Nei momenti in cui si decide di evacuare casa — per un allarme, un’improvvisa criticità o un ordine diretto — la fretta può giocare brutti scherzi.
Ma prima di chiudere la porta, la cosa più importante da fare non è prendere lo zaino: è comunicare.
Parlare con chi è presente. Lasciare un messaggio chiaro per chi potrebbe arrivare dopo. Informare chi è lontano.
Comunicare bene è parte dell’evacuazione.

Comunicazioni verbali: chiare, brevi, ripetute

Se in casa ci sono più persone, serve un messaggio diretto e semplice, da dire a voce alta, anche due volte:

  • Dove si sta andando (es. “Punto A: parcheggio scuola”)
  • Chi ha preso cosa (es. “Io ho la radio”, “Tu hai l’acqua”)
  • Cosa si farà nei prossimi minuti (es. “Ci vediamo direttamente lì”)
  • Eventuali indicazioni per chi arriva dopo (es. “Lasciamo scritto che siamo usciti”)

Evita frasi vaghe tipo:

“Ci vediamo fuori”
“Ci sentiamo dopo”

Chi ascolta deve sapere dove, come e con chi.

Comunicazioni scritte: mai lasciare la casa muta

Se la comunicazione a distanza non è possibile (rete fuori uso, PoC non attiva), è fondamentale lasciare un messaggio scritto visibile, chiaro e protetto:

  • In cucina, sul tavolo, o sulla porta d’ingresso
  • Con data e ora
  • Con l’indicazione di chi ha lasciato il messaggio
  • Con destinazione e contatti
  • Scrivi in stampatello

Esempio:

USCITI ORE 16:15 – VERSO PUNTO A (PARCHEGGIO SCUOLA)
FAMIGLIA ROSSI – TUTTI PRESENTI
CONTATTO RADIO CH 5 – POC ATTIVA

Informare chi è lontano

Se c’è il tempo e la rete funziona:

  • Manda un messaggio semplice e già pronto
    Esempio: “Stiamo evacuando verso Punto A. Tutti presenti. Contatto radio CH 5.”
  • Evita messaggi allarmistici o vaghi
  • Usa canali sicuri e rapidi: PoC, SMS, chiamata breve
  • Includi sempre: ora, luogo, stato del gruppo

Lista delle comunicazioni essenziali prima di uscire

  • Comunicazione a chi è con te
  • Messaggio scritto per chi potrebbe arrivare dopo
  • Notifica (anche rapida) a un contatto esterno di fiducia
  • Verifica dei dispositivi di comunicazione (PoC accesa, batteria ok)
  • Codice vocale condiviso per confermare l’avvenuta uscita (es. “Punto A confermato”)

Focus

  • Prima di evacuare, comunicare è fondamentale quanto prendere lo zaino
  • Le parole devono essere semplici, ripetute, operative
  • Il messaggio scritto è un backup vitale quando tutto il resto può fallire
  • Una casa muta può generare confusione. Una casa che “parla” dà continuità e sicurezza
  • Evacuare non è solo andarsene: è lasciare un segno comprensibile per chi resta, chi cerca, chi arriva

Organizzare punti di raccolta e piani B di ricongiungimento

Se qualcosa ci separa, dobbiamo già sapere come ritrovarci

In caso di evacuazione, non è raro che i membri della famiglia si trovino in luoghi diversi: casa, scuola, lavoro, strada.
Oppure che l’evento imprevisto — alluvione, blackout, disordini — renda impossibile seguire il percorso previsto.
Per questo è fondamentale stabilire in anticipo punti di raccolta e piani alternativi di ricongiungimento, semplici da ricordare anche per bambini e anziani.

Perché servono punti di raccolta

  • Per evitare panico e decisioni impulsive
  • Per sapere dove andare anche senza poter comunicare
  • Per facilitare i soccorsi, in caso qualcuno venga a trovarsi da solo
  • Per creare una rete di backup familiare, anche a distanza

Come scegliere il punto di raccolta principale (Punto A)

  • Deve essere raggiungibile da tutti, anche a piedi
  • Meglio se fuori dalla zona più esposta al rischio (non vicino a fiumi, sottopassi, zone industriali)
  • Può essere una casa di fiducia, un parcheggio isolato, un portone conosciuto
  • Tutti devono sapere come arrivarci e avere una mappa stampata

Esempio:

“In caso non possiamo comunicare, ci incontriamo al parcheggio dietro la scuola.”

Pianificare un Punto B (alternativo)

Il piano B serve se il Punto A è inaccessibile.

  • Sceglierlo più lontano, in zona sicura
  • Meglio se gestito da una persona di fiducia (parente, amico)
  • Comunicarlo chiaramente a tutti
  • Inserirlo nelle schede personali negli zaini d’emergenza

Esempio:

“Se il parcheggio non è raggiungibile, andiamo tutti a casa dello zio Luca.”

Cosa includere nella scheda del piano di raccolta

Ogni familiare deve avere una scheda (cartacea e plastificata) con:

  • Punto A e Punto B ben descritti
  • Nome e contatti delle persone da avvisare
  • Eventuale codice vocale da usare alla radio o nel messaggio (es. “Ritrovo A confermato”)
  • Mappa stampata con i percorsi principali
  • Frase in stampatello da mostrare in caso di bisogno: “Sono diretto a casa dello zio Luca. Aiutatemi a raggiungerla.”

Fare esercitazioni semplici

  • Simulare una separazione fittizia e ritrovarsi al Punto A
  • Provare una volta ogni 1-2 mesi, in modo giocoso
  • Coinvolgere anche nonni e bambini, con supporto visivo e linguaggio adatto all’età
  • Verificare se i percorsi scelti sono ancora accessibili

Focus

  • Il ricongiungimento familiare non va lasciato al caso: va progettato
  • Ogni famiglia dovrebbe avere almeno due punti di raccolta, con percorsi noti e mappa stampata
  • Anche in assenza di telefoni o rete, ci si può ritrovare, se il piano è chiaro e condiviso
  • Il miglior piano è quello che anche un bambino può spiegare da solo

I segnali da non ignorare (negli adulti e nei minori)

Riconoscere il disagio prima che diventi un problema più grande

In situazioni di emergenza o stress prolungato, non tutti reagiscono allo stesso modo.
C’è chi parla molto, chi si chiude. C’è chi si mostra nervoso, e chi sembra “tranquillo” ma in realtà si sta spegnendo dentro.
Per questo è fondamentale imparare a riconoscere i segnali silenziosi del disagio, sia negli adulti che nei minori.
Agire per tempo, con delicatezza, può prevenire veri e propri crolli emotivi.

Segnali da non sottovalutare negli adulti

  • Irritabilità improvvisa e continua
  • Senso di vuoto o apatia (smette di fare anche le cose più semplici)
  • Difficoltà a dormire o sonno eccessivo
  • Isolamento anche all’interno della famiglia
  • Frasi ricorrenti come: “Tanto è inutile…”
    “Non ce la faccio più…”
    “Non serviamo a niente…”

🟡 Se un adulto inizia a perdere interesse per tutto e non riesce più a reagire neppure alle piccole cose, è un segnale d’allarme.

Segnali da osservare nei bambini e adolescenti

  • Cambiamenti improvvisi nel comportamento
    (più chiusi o più agitati del solito)
  • Regressioni (ritorno a comportamenti infantili, es. pipì a letto, paure notturne)
  • Silenzio assoluto o loquacità euforica fuori contesto
  • Disegni, giochi o frasi che parlano di pericolo, morte, abbandono
  • Attaccamento eccessivo a un adulto oppure rifiuto del contatto

🟠 I bambini non dicono “sto male”: lo mostrano nei gesti, nei giochi, nei ritmi.

Cosa fare quando si notano questi segnali

  • Non aspettare “che passi da solo”
  • Avvicinarsi con domande leggere ma sincere “Come ti senti oggi?”
    “Hai voglia di raccontarmi qualcosa?”
  • Dare spazio senza forzare
  • Far sentire che ci si accorge del disagio, senza giudizio
  • Offrire piccole routine rassicuranti (un gioco, un tè, una passeggiata)
  • Se i segnali persistono: valutare un supporto esterno, senza vergogna

Frasi che aiutano

✔️ “Ti vedo un po’ diverso, e mi interessa capire.”
✔️ “Va bene non essere sempre forti.”
✔️ “Possiamo parlarne quando vuoi, io ci sono.”
✔️ “Vuoi fare qualcosa insieme per distrarci un po’?”

Focus

  • Il disagio psicologico non sempre si manifesta in modo evidente
  • Conoscere i segnali nei propri familiari è un atto di cura
  • Agire con ascolto e presenza può prevenire danni più seri
  • Tutti, adulti e bambini, hanno il diritto di “cedere un po’”, ma non devono restare soli nel farlo
  • In una famiglia preparata, anche le emozioni hanno uno spazio sicuro

Come gestire ansia, paura e senso di impotenza

Affrontare le emozioni forti senza negarle, senza esserne travolti

Ansia, paura e senso di impotenza non sono segni di debolezza: sono risposte naturali di fronte all’incertezza.
In un contesto di emergenza, o anche solo in una situazione imprevista, è normale che emergano.
Ciò che fa la differenza è come le gestiamo.
E nel contesto familiare, la gestione condivisa delle emozioni è parte della protezione reciproca.

Riconoscere le emozioni: il primo passo per governarle

  • L’ansia è l’attesa di qualcosa che potrebbe andare male
  • La paura è una reazione a un pericolo reale o percepito
  • Il senso di impotenza è la sensazione di non poter fare nulla, anche se non è sempre vero

Queste emozioni non vanno negate né drammatizzate: vanno riconosciute, chiamate per nome e accolte.

“Mi sento agitato. È normale.”
“Non so cosa fare. È umano. Ma posso iniziare da una cosa semplice.”

Strategie pratiche per gestire ansia e paura in famiglia

Dare un compito semplice e concreto

L’ansia cresce nell’indolenza.
→ “Accendi tu la radio.”
→ “Porta lo zaino nell’ingresso.”
→ “Stai con tuo fratello mentre io parlo.”
Agire spezza il circolo vizioso del blocco emotivo.

Stare con la persona, non con il problema

Quando qualcuno è in ansia, non sempre serve una soluzione.
Spesso serve una presenza calma, una voce che dice:

“Sono qui. Non sei da solo.”
Questo vale per i bambini come per gli adulti.

Usare tecniche di contenimento

  • Respiro guidato: “Inspira 4, tieni 4, espira 4”
  • Tocco fisico rassicurante: mano su spalla o sulle mani
  • Oggetto-ancora: una foto, una frase, un oggetto simbolico che richiama sicurezza
  • Lista mentale: “Dimmi 3 cose che vedi, 2 che senti, 1 che puoi toccare ora”

Come aiutare chi si sente impotente

Chi si sente inutile o incapace va aiutato a ritrovare una funzione, anche piccola.

“Solo tu sai dove sono le torce.”
“Mi aiuti a scrivere chi abbiamo contattato?”
“Tienimi la mano mentre parlo, mi serve.”

Rimettere la persona in gioco toglie energia al senso di fallimento.

Frasi che aiutano (e frasi da evitare)

✔️ Da dire:

  • “Va bene così.”
  • “Ci siamo. Insieme.”
  • “Una cosa alla volta.”
  • “Hai fatto il possibile.”

❌ Da evitare:

  • “Stai calmo!”
  • “Non c’è motivo di avere paura.”
  • “Adesso non rompere.”
  • “Non è il momento.”

Focus

  • Ansia, paura e impotenza sono normali e prevedibili
  • Si gestiscono con presenza, ascolto e azioni semplici
  • Riconoscere l’emozione è meglio che ignorarla o minimizzarla
  • Ogni componente della famiglia può diventare un supporto per gli altri
  • Anche in emergenza, è possibile costruire sicurezza emotiva, non solo fisica

L’importanza del linguaggio in emergenza

Le parole giuste salvano più della forza: parlarsi bene, sempre

Nelle emergenze, le parole non sono mai neutre.
Possono rassicurare, oppure alimentare il panico. Possono guidare, oppure confondere.
Il modo in cui si parla prima, durante e dopo un evento critico ha un impatto diretto sul comportamento e sulle emozioni di chi ci ascolta.
E in una famiglia, questo vale ancora di più.

Allenare l’uso di un linguaggio sano, semplice e costruttivo è parte integrante della preparazione psicologica.
E può fare la differenza quando tutto sembra sfuggire di mano.

Prima dell’evento: preparare senza allarmare

Il linguaggio usato nella fase di prevenzione deve:

  • Informare senza spaventare
  • Coinvolgere senza forzare
  • Creare familiarità con le soluzioni, non con i problemi

Esempi efficaci:

“Oggi proviamo a vedere dove abbiamo le torce, così siamo pronti.”
“Se un giorno non ci fosse corrente, sapremmo comunque come sentirci.”

Evitare:

  • “Quando ci sarà il disastro…”
  • “Non ci sarà più nulla…”
  • “Prepariamoci al peggio…”

Durante l’evento: scegliere parole che guidano

Nel pieno dell’evento, il linguaggio deve:

  • Essere essenziale e chiaro
  • Evitare ipotesi, commenti o giudizi
  • Trasmettere un ritmo stabile e una direzione precisa

Frasi utili:

“Ora facciamo così.”
“Stiamo insieme, passo per passo.”
“Va bene. Respiro. Ci siamo.”
“Parlami lentamente, ti ascolto.”

Attenzione a:

  • Frasi confuse o spezzate
  • Toni aggressivi o sarcastici
  • “Perché non hai fatto…?”, “Te l’avevo detto…” (distruttive nel caos)

Dopo l’evento: rielaborare con rispetto

Nel post-emergenza, il linguaggio serve a:

  • Ricomporre, non rivangare
  • Aiutare bambini e adulti a dare un senso all’esperienza
  • Validare le emozioni senza colpevolizzare

Frasi da usare:

“Hai fatto del tuo meglio.”
“È normale aver avuto paura, anche io.”
“Cosa ti ha aiutato a restare tranquillo?”
“Vuoi raccontarmi cosa hai vissuto?”

Parole da evitare:

  • “È stato tutto inutile…”
  • “Non serve parlarne…”
  • “Non è successo niente” (negare crea vuoti emotivi)

Focus

  • Il linguaggio è uno strumento potente di preparazione emotiva
  • Prima dell’emergenza: usa parole chiare, concrete e rassicuranti
  • Durante: poche parole, tono stabile, messaggi operativi
  • Dopo: ascolto, riconoscimento emotivo, dialogo aperto
  • In una famiglia preparata, il modo in cui ci si parla è già parte della protezione