ITALIA: PREPPING IN CRISI?
Con questo articolo intendiamo proporre un’analisi pragmatica sullo stato reale del PREPPING in Italia. Per evitare congetture e discorsi prolissi, abbiamo scelto un approccio diretto e concreto: affidarci a uno schema chiaro ed essenziale, che vale più di mille parole.
Andamento generale
- Il prepping non è in crisi totale, ma sta vivendo una trasformazione.
- Durante la pandemia (2020–2021) ha avuto un boom enorme, con milioni di persone che hanno scoperto il concetto di scorte alimentari, comunicazioni alternative, autosufficienza.
- Dopo quella fase, l’interesse è calato nei media generalisti, ma non è scomparso nelle comunità di base: si è spostato in canali più settoriali (forum, Telegram, Discord, piccoli blog locali).
Situazione attuale (2024–2025)
- Eventi come blackout locali, alluvioni urbane, conflitti in Europa, cyberattacchi e interruzioni dei pagamenti in Polonia hanno riportato l’attenzione sul tema.
- In Italia e in Europa non si parla molto di “prepping” con quel nome, ma di resilienza, protezione civile, sicurezza familiare: i concetti sono simili, solo che cambiano le etichette.
- In USA il prepping rimane forte, ma è polarizzato: da un lato i “prepper apocalittici” (armi, bunker), dall’altro chi lo interpreta come buona gestione domestica e familiare.
Interesse online
- I dati di Google Trends mostrano un calo della parola “prepping” come termine secco, ma una crescita di ricerche correlate: blackout, sopravvivenza urbana, kit emergenza, comunicazioni alternative.
- Questo suggerisce che le persone non usano più tanto l’etichetta “prepping”, ma continuano a cercare soluzioni pratiche.
- In Italia, la narrazione dominante resta “Protezione Civile” e “emergenze meteo”, ma il bisogno di strumenti personali cresce.
Percezione pubblica
- Il prepping non è mainstream, spesso viene visto con un po’ di sospetto (“allarmismo”, “americanata”), ma non è ignorato.
- In realtà, molti comportamenti di prepping (scorte alimentari, powerbank, radio alternative, gruppi familiari) vengono adottati senza essere chiamati prepping.
- Questo significa che la pratica rimane utile e diffusa, anche se il marchio culturale “prepper” non è più al centro della scena.
Focus
Il prepping non è morto né in crisi totale, ma sta cambiando forma:
- meno “brand visibile”,
- più comportamenti quotidiani normalizzati,
- più legato a contesti specifici (famiglia, black-out, emergenze locali).
In altre parole: oggi non tutti dicono di essere prepper, ma molti si comportano già come tali senza rendersene conto.