Cos’è lo storm naming

Cammini per strada in un giorno apparentemente normale, ma intorno a te il vento si alza, i cartelli oscillano e le prime gocce pesanti battono sull’asfalto. Poi senti una notizia alla radio: “Sta arrivando la tempesta Adrian”. Quel nome resta impresso, ti fa drizzare le antenne, ti fa capire che non è un acquazzone qualunque. È esattamente questo lo scopo dello storm naming, la pratica di dare un nome alle tempeste per renderle più riconoscibili e farci reagire con maggiore attenzione.

Lo storm naming è nato ufficialmente in Europa nel 2015 su iniziativa di EuMetNet, la rete dei servizi meteorologici europei, sull’esempio degli Stati Uniti che da decenni battezzano gli uragani.
Dal 2021 anche l’Italia aderisce, entrando nel gruppo del Mediterraneo centrale insieme a Slovenia, Croazia, Macedonia del Nord, Montenegro e Malta.

Perché dare un nome alle tempeste

Non è un vezzo linguistico, ma una strategia di comunicazione.
Secondo l’Aeronautica Militare:

  • una denominazione univoca e ufficiale migliora la comunicazione di massa;
  • aumenta la consapevolezza preventiva prima che l’evento colpisca;
  • rende i cittadini più attenti alle allerte meteo e più predisposti a seguire le raccomandazioni di sicurezza.

In altre parole: quando una tempesta ha un nome, la percepiamo come una minaccia concreta.

Chi decide il nome

Non basta un po’ di vento forte per “battezzare” una tempesta.
Per ricevere un nome, ci devono essere delle condizioni precise:

  • nessun altro Paese europeo deve averla già nominata;
  • una nazione deve essere la prima nazione colpita;
  • deve trattarsi di un’area ciclonica con diametro tra qualche centinaio e migliaio di chilometri;
  • la velocità del vento deve rientrare nei livelli di allerta arancione o rossa di Meteoalarm.

È fondamentale il coordinamento europeo: immagina il caos se lo stesso ciclone venisse chiamato in modi diversi da ogni nazione.

Un caso emblematico: Vaia o Adrian?

Nel 2018 il Nordest italiano fu travolto da una tempesta che noi ricordiamo come Vaia. Ma in realtà, pochi giorni prima, in Francia era stata nominata Adrian.
Ecco il problema: la maggior parte delle perturbazioni che raggiungono l’Italia arrivano dall’Atlantico, quindi spesso il nome è deciso dai gruppi europei occidentali (Francia, Spagna, Portogallo, Belgio). Solo in casi di ciclogenesi nate nel Golfo di Genova ha più senso che sia l’Italia a “battezzare”.

Perché non gli anticicloni?

I cicloni hanno un ciclo di nascita, crescita e decadimento. Sono eventi temporanei che lasciano il segno.
Gli anticicloni invece sono strutture persistenti: l’Anticiclone delle Azzorre o l’Anticiclone africano restano sempre quelli, anche se si spostano. Non avrebbe senso rinominarli ogni volta.

Come vengono scelti i nomi

I criteri sono semplici:

  • ordine alfabetico,
  • alternanza di genere maschile/femminile.

In altri Paesi si è trasformata in una vera e propria partecipazione collettiva: nel Regno Unito, ad esempio, i nomi vengono scelti tra decine di migliaia di proposte del pubblico. C’è chi ha suggerito Dave in omaggio al marito che “russa più forte di qualsiasi tempesta”.

Focus

Lo storm naming non è folklore meteorologico. È uno strumento concreto di prepping cittadino, perché trasforma un fenomeno complesso in qualcosa di immediato e comprensibile.
Sapere che arriva “la tempesta Alessio” o “la tempesta Amy” può sembrare un dettaglio, ma in realtà è un meccanismo che salva vite: riconoscere la minaccia, condividerla e prepararsi insieme diventa più semplice quando quella minaccia ha un nome.

Come prepararsi meglio per la prossima volta (perché ci sarà)

Quando l’acqua si ritira, resta il silenzio. Le strade piene di fango, i mobili ammassati fuori dalle case, gli sguardi vuoti di chi ha perso tutto. In quel momento arriva una certezza difficile da accettare: non sarà l’ultima volta. Le alluvioni urbane in Italia non sono più eventi eccezionali, ma fenomeni destinati a ripetersi. Prepararsi significa imparare dall’esperienza per ridurre i danni futuri.

Accettare la realtà del rischio

  • ISPRA e Protezione Civile indicano che oltre 7 milioni di italiani vivono in aree a rischio alluvione.
  • Le piogge estreme aumentano di frequenza: non si tratta di “se”, ma di “quando”.
  • La memoria corta è il nemico peggiore: chi dimentica, si fa trovare sempre impreparato.

Migliorare la casa

  • Rialzare prese e quadri elettrici ai piani alti.
  • Usare mobili resistenti e facili da spostare al piano terra.
  • Installare valvole antiriflusso nei sistemi fognari.
  • Preparare barriere anti-acqua fai-da-te da posizionare rapidamente alle porte.

Preparare la famiglia

  • Definire un piano di emergenza familiare: chi prende cosa, dove ci si incontra, quali parole guida usare.
  • Tenere aggiornato lo zaino d’azione rapido con torcia, radio e documenti.
  • Fare piccole esercitazioni periodiche: simulare l’evacuazione o il passaggio ai piani superiori.

Rinforzare la rete comunitaria

  • Creare gruppi di quartiere o chat dedicate alle allerte.
  • Diffondere le app e i canali ufficiali di allerta.
  • Condividere esperienze, errori e soluzioni: ciò che hai imparato può salvare qualcun altro.

Una testimonianza diretta

“Dopo l’alluvione del 2014 ho promesso a me stesso che non mi sarei fatto sorprendere di nuovo. Ho alzato il contatore elettrico, preparato un kit e fatto installare valvole antiriflusso. Quando nel 2019 l’acqua è tornata, i danni sono stati minimi.”
Gianni, residente a Genova

Focus

Non si può fermare la pioggia, ma si può ridurre la vulnerabilità. Prepararsi meglio per la prossima volta significa trasformare un’esperienza dolorosa in un investimento di resilienza. La prossima alluvione arriverà, ma potrà trovarci più consapevoli, più pronti e meno fragili.

L’importanza del supporto psicologico e della narrazione dei fatti

Quando l’acqua si ritira, il dolore non scompare con essa. Inizia allora una fase difficile che non si misura solo nei danni da riparare, ma nelle ferite invisibili che il trauma lascia dentro. Qui entra in gioco la dimensione psicologica: accanto a caschi e scope, servono orecchie che ascoltano e parole che aiutano a rimettere insieme i pezzi.

Le ferite che restano

Le alluvioni spesso provocano ciò che la cronaca non racconta: ansia, incubi, senso di perdita e disorientamento profondo. Come spiega un reportage, “gli eventi climatici improvvisi come le alluvioni causano emozioni acute…” Fonte: Internazionale. Se non elaborate, queste emozioni possono diventare vere e proprie ferite dell’anima.

Il valore del supporto psicologico

In Emilia-Romagna, nel 2023, è stato attivato il progetto “Vivere Meglio”, che mette a disposizione migliaia di interventi gratuiti di consulenza e psicoterapia per chi ha vissuto il trauma dell’alluvione FONTE: Sanità Informazione. Questi percorsi sono fondamentali per accompagnare le persone da uno shock acuto verso una fase di ricostruzione interiore.

Strategie pratiche di aiuto

  • Supporto immediato – Quando possibile, la psicologia dell’emergenza usa modelli come il CISM (Critical Incident Stress Management) con fasi di supporto sul campo, defusing e debriefing VEDI ARTICOLO: Wikipedia.
  • Ascolto e contatto concreto – È fondamentale sentirsi meno soli. A Faenza, dopo l’alluvione del 2023, è stato attivato un servizio di supporto psicologico e socio-amministrativo: rispondeva non solo ai bisogni materiali, ma anche emotivi della comunità VEDI: EMERGENCY.
  • Numeri utili e canali dedicati – In molte zone colpite sono stati istituiti numeri verdi e linee telefoniche con psicologi formati per affrontare traumi post-evento VEDI ARTICOLO: ordinepsicologier.it.

La narrazione come terapia

Raccontare la propria esperienza – scriverla, condividerla, riconoscerla – è una forma attiva di guarigione. Dare un senso ai fatti aiuta a superare il trauma. Anche i gruppi di supporto tra vicini o famiglie diventano luoghi di resilienza condivisa VEDI ARTICOLO: Wikipedia.

Focus

Il tempo della ripresa non è solo quello delle macerie spazzate via, ma anche quello del cuore che si ricostruisce. Il supporto psicologico non è un lusso, è una cura necessaria. Dare voce al dolore, raccontare ciò che è accaduto, trovare comunità che ascoltano: tutto questo ci rende più forti e pronti a ricostruire con dignità.

Come documentare i danni (foto, video, elenco)

Dopo un’alluvione, la casa non è più la stessa: muri sporchi di fango, mobili rovesciati, ricordi bagnati. In quel momento, oltre al dolore e alla stanchezza, c’è un compito fondamentale: documentare tutto. Le prove fotografiche e scritte sono la base per richiedere rimborsi, attivare le assicurazioni e raccontare con chiarezza cosa è accaduto.

Perché è fondamentale

  • Le assicurazioni e i comuni chiedono documenti visivi e inventari dettagliati.
  • Le immagini aiutano a dimostrare l’entità reale dei danni.
  • Serve anche come memoria familiare per non dimenticare cosa è andato perso e cosa è stato recuperato.

Foto: catturare ogni dettaglio

  • Scatta con luce naturale o torcia per rendere tutto leggibile.
  • Fotografa ogni stanza dall’alto e poi i dettagli degli oggetti rovinati.
  • Mostra il livello dell’acqua sui muri e sugli arredi.
  • Non buttare subito via gli oggetti: prima immortala tutto.

Video: la prova in movimento

  • Riprendi un percorso continuo stanza per stanza, senza interruzioni.
  • Commenta a voce, indicando data, ora e descrizione dei danni.
  • Registra anche l’esterno: giardino, garage, strade.

Elenco: l’inventario scritto

  • Redigi una lista con oggetto, stato, valore stimato e note.
  • Includi anche ricevute, fatture o garanzie se disponibili.
  • Suddividi per categorie: mobili, elettrodomestici, dispositivi elettronici, indumenti.

Una testimonianza diretta

“Dopo l’alluvione ho fotografato ogni mobile e fatto un video unico della casa. Grazie a quelle immagini ho ottenuto il rimborso dall’assicurazione in tempi brevi. Senza, avrei dovuto dimostrare tutto a parole.”
Stefania, residente a Cesena, alluvione 2023

Focus

Documentare i danni non è solo burocrazia, è protezione del futuro. Foto, video ed elenchi servono a ottenere aiuti concreti, ma anche a trasformare la confusione in un racconto chiaro. In emergenza ogni dettaglio conta, e la memoria visiva è lo strumento più forte per farsi ascoltare.

Pulizia, disinfezione, elettricità: cosa non fare mai

L’acqua si è ritirata e davanti a te restano fango, detriti e odore di umidità. L’istinto ti dice di prendere scopa e secchio e rimettere tutto in ordine il prima possibile. Ma in una casa colpita da un’alluvione ci sono pericoli nascosti che rendono alcune azioni non solo inutili, ma persino fatali.

Elettricità: il rischio invisibile

  • Non accendere la luce: se i quadri elettrici o le prese sono stati sommersi, una scintilla può scatenare incendi o folgorazioni.
  • Non usare elettrodomestici: anche se sembrano asciutti, l’umidità interna può danneggiare i circuiti e provocare scosse.
  • Non toccare fili scoperti: il contatto con acqua e fango amplifica il rischio elettrico. Prima di ogni intervento, attendi il controllo di un tecnico abilitato.

Pulizia: attenzione a come inizi

  • Non rimuovere il fango a mani nude: contiene batteri, oli, carburanti e sostanze tossiche. Usa sempre guanti robusti e stivali impermeabili.
  • Non gettare via subito tutto: documenta i danni con foto e video per le pratiche assicurative o di rimborso.
  • Non spostare da solo oggetti pesanti impregnati d’acqua: il loro peso può essere molto superiore al normale.

Disinfezione: errori comuni

  • Non usare solo acqua e detersivo: non basta a eliminare batteri e muffe. Serve una disinfezione profonda con prodotti specifici (cloro, soluzioni antimicotiche).
  • Non mischiare prodotti chimici diversi: può generare vapori tossici.
  • Non rientrare in ambienti chiusi senza aerare: l’umidità e le esalazioni creano aria insalubre.

Una testimonianza diretta

“Appena l’acqua è scesa ho acceso la luce in cucina. Il contatore ha fatto scintille e i vigili del fuoco mi hanno detto che poteva andare molto peggio. Non avrei mai immaginato che fosse così pericoloso.”
Marta, residente a Bologna, alluvione 2019

Focus

Dopo un’alluvione la voglia di ripulire è naturale, ma la sicurezza viene prima. Non improvvisare: niente corrente elettrica, niente pulizie senza protezioni, niente disinfezioni fai-da-te. Ogni gesto deve essere consapevole e protetto, perché il pericolo non finisce quando l’acqua se ne va.

Rientrare solo dopo l’ok delle autorità: perché

La pioggia è cessata, l’acqua inizia a ritirarsi e la tentazione è forte: tornare a casa subito, verificare i danni, riprendere possesso dei propri spazi. Ma il momento più pericoloso non è sempre quello in cui l’alluvione colpisce: spesso è quello immediatamente successivo. Per questo il rientro deve avvenire solo quando le autorità lo autorizzano.

Pericoli nascosti dietro l’apparenza

  • Strutture instabili: muri, solai, scale e tetti possono essere indeboliti dall’acqua e crollare senza preavviso.
  • Impianti elettrici e gas: l’acqua può aver danneggiato prese, caldaie e tubature, con rischio di scosse o esplosioni.
  • Contaminazione: il fango porta con sé batteri, carburanti e sostanze tossiche invisibili.
  • Vie di accesso interrotte: strade e ponti danneggiati possono cedere al passaggio.

Il ruolo delle autorità

Protezione Civile, Vigili del Fuoco e tecnici comunali non si limitano a “dare un via libera”:

  • Controllano la stabilità degli edifici.
  • Bonificano le aree a rischio sanitario.
  • Segnalano le zone interdette.
  • Coordinano il rientro scaglionato per evitare ulteriori emergenze.

Perché non fidarsi dell’occhio umano

Anche se dall’esterno una casa sembra intatta, i danni strutturali possono essere interni e invisibili. Una porta che si apre non significa che i muri siano solidi. Un impianto che si accende non significa che sia sicuro.

Una testimonianza diretta

“Appena l’acqua è scesa, volevo rientrare per vedere la mia casa. I vigili mi hanno fermato: dentro c’era una perdita di gas che non avevo sentito. Se fossi entrato, avrei rischiato la vita.”
Claudio, residente a Genova, alluvione 2014

Focus

Rientrare troppo presto in casa dopo un’alluvione può trasformare la voglia di ricominciare in un nuovo disastro. Aspettare l’ok delle autorità non è una perdita di tempo: è la garanzia che la tua sicurezza e quella della tua famiglia vengano prima di tutto.

Dispositivi galleggianti improvvisati: ciò che può salvare

Quando l’acqua sale più velocemente di quanto puoi camminare, avere qualcosa che galleggia può fare la differenza. Non sempre si hanno a disposizione giubbotti salvagente o gommoni, ma con creatività e prontezza si possono improvvisare dispositivi galleggianti che aumentano le possibilità di sopravvivenza, soprattutto per bambini e anziani.

Oggetti di casa che galleggiano

  • Bottiglie di plastica chiuse: legate insieme con nastro o corde, diventano galleggianti di emergenza.
  • Taniche vuote ben sigillate: possono sostenere il peso di un bambino.
  • Cuscini avvolti in sacchetti di plastica: aumentano la spinta e resistono all’acqua.
  • Contenitori stagni: utili come supporto temporaneo.

Per i bambini

  • Zaini impermeabili pieni d’aria: chiusi ermeticamente possono funzionare come piccoli galleggianti.
  • Giochi da mare (braccioli, ciambelle, materassini): se tenuti in casa o in garage, diventano risorse preziose.
  • Importante: tenere sempre il bambino legato o vicino a un adulto.

Per anziani e persone fragili

  • Utilizza sedie di plastica capovolte o pannelli di polistirolo se disponibili.
  • Crea un supporto con più bottiglie legate che possano aiutare a mantenere la persona a galla.
  • Evita materiali che si inzuppano e affondano (coperte, cartone, legno sottile).

Per animali domestici

  • Cassette di plastica con coperta impermeabile possono diventare un rifugio galleggiante per gatti o cani piccoli.
  • In alternativa, un trasportino avvolto in bottiglie di plastica può aiutare a tenerli sopra il livello dell’acqua.

Una testimonianza diretta

“Non avevamo giubbotti salvagente. Ho preso otto bottiglie da due litri, le ho legate con lo spago e ho fatto sedere mia figlia sopra una cassetta di plastica. È stato il nostro salvagente improvvisato fino all’arrivo dei soccorsi.”
Roberto, residente a Pisa, alluvione 2012

Focus

In emergenza non servono strumenti perfetti, ma soluzioni immediate. Gli oggetti quotidiani possono trasformarsi in dispositivi galleggianti improvvisati, capaci di salvare la vita a bambini, anziani e animali. Preparare in anticipo qualche idea e sapere cosa usare permette di reagire con lucidità quando il tempo stringe.

Come evitare che gli animali domestici fuggano o si stressino

Quando l’acqua invade la città, non sono solo le persone a vivere paura e disorientamento. Cani e gatti percepiscono il panico prima di noi, e se non sono gestiti con attenzione possono fuggire, ferirsi o peggiorare la confusione. Prepararli e proteggerli è parte integrante della sicurezza familiare.

Segnali di stress negli animali

  • Tremori, lamenti, abbai o miagolii continui.
  • Tentativi di nascondersi o scappare.
  • Rifiuto del cibo o comportamento aggressivo improvviso.

Come prevenire la fuga

  • Tieni sempre guinzagli, trasportini e gabbiette a portata di mano.
  • Usa collari con medaglietta (nome e telefono), anche in casa.
  • Se devi spostarti, metti l’animale in un contenitore sicuro: in braccio, in emergenza, rischi di perderlo.

Creare una zona sicura in casa

  • Prepara una stanza tranquilla e chiusa dove possano sentirsi protetti.
  • Tieni lì una coperta familiare o il loro gioco preferito.
  • Abbassa i rumori forti: la calma riduce lo stress.

Kit d’emergenza anche per loro

  • Scorte di cibo secco e acqua in contenitori stagni.
  • Ciotole pieghevoli, lettiera per gatti, sacchetti igienici per cani.
  • Coperta, guinzaglio, farmaci e libretto sanitario.

Una testimonianza diretta

“Il mio cane ha iniziato ad abbaiare disperato quando l’acqua è entrata. Avevo pronto il trasportino: l’ho preso in braccio e siamo saliti. Senza, sarebbe scappato nel panico.”
Valentina, residente a Palermo, alluvione 2020

Focus

Gli animali domestici fanno parte della famiglia e come tali vanno inclusi nel piano d’emergenza. Prevenire fughe e stress non è solo un atto d’amore, ma un modo per evitare nuovi pericoli in un momento già critico. Preparare guinzagli, trasportini e un piccolo kit dedicato è una scelta che salva vite, anche a quattro zampe.

Parole guida da memorizzare insieme prima dell’evento

In mezzo al rumore dell’acqua, alle sirene e al buio, la voce può diventare l’unico strumento per tenere unita la famiglia. Non servono discorsi lunghi: bastano poche parole guida, semplici e condivise in anticipo, che tutti possano ricordare anche nel panico.

Perché le parole guida sono importanti

  • Il cervello, sotto stress, ricorda male le frasi complesse.
  • I bambini e gli anziani hanno bisogno di istruzioni brevi e chiare.
  • Un comando unico, ripetuto da tutti, evita confusione e disperazione.

Esempi di parole guida efficaci

  • “Su” = tutti devono salire di piano o andare verso un punto alto.
  • “Vicini” = radunarsi in gruppo, senza disperdersi.
  • “Pronti” = prendere lo zaino d’emergenza e prepararsi a uscire.
  • “Stop” = fermarsi e attendere istruzioni.
  • “Punto sicuro” = luogo concordato in anticipo, dentro o fuori casa.

Come allenarsi in famiglia

  • Trasforma le parole guida in un piccolo gioco, ripetendole in situazioni normali.
  • Scrivile su un foglio o un cartellone visibile in casa.
  • Ripassale una volta al mese, come un rituale familiare.
  • Usa sempre lo stesso tono e le stesse parole: la coerenza è la chiave della memoria.

Una testimonianza diretta

“Quando abbiamo visto l’acqua salire, ho gridato ‘Su’. Mio figlio ha preso la torcia e mia moglie lo zaino. Non abbiamo perso tempo a spiegarci: ognuno sapeva cosa significava quella parola.”
Paolo, residente a Modena, alluvione 2019

Focus

Le parole guida sono un linguaggio segreto che la famiglia costruisce per proteggersi. Non servono apparecchiature costose né piani complicati: bastano poche sillabe che, al momento giusto, trasformano il caos in coordinamento. Prepararle insieme è un investimento minimo per un risultato enorme.

Come trasportare in sicurezza neonati, bimbi piccoli e anziani

In un’alluvione il tempo accelera e ogni movimento diventa più difficile. Se sei solo, puoi correre, arrampicarti, guadare. Ma quando con te ci sono un neonato, un bambino piccolo o un familiare anziano, la priorità non è più la velocità: è la sicurezza di chi non può proteggersi da solo.

Neonati: protezione totale

  • Utilizza marsupi o fasce impermeabili che tengano il bambino aderente al corpo e con la testa sempre sopra il livello dell’acqua.
  • Porta con te coperte termiche e un cambio asciutto in un sacchetto stagno.
  • Non usare passeggini: si ribaltano facilmente e diventano pericolosi.

Bambini piccoli: mani libere e sicurezza

  • Se il bimbo può camminare, tienilo sempre per mano o con un’imbracatura leggera.
  • Se devi trasportarlo, preferisci zaini porta-bambino da trekking, resistenti e stabili.
  • Coinvolgilo con parole semplici: sapere che “stiamo andando in alto” riduce il panico.

Anziani: supporto e stabilità

  • Aiutali a camminare usando un bastone o un ramo come terzo punto d’appoggio.
  • Se hanno difficoltà motorie, utilizza sedie leggere o supporti a due persone per sollevarli.
  • Ricorda che spesso soffrono di freddo e fatica: porta coperte, medicinali e acqua.

Strategie generali

  • Prima le persone, poi i beni: non perdere tempo a recuperare oggetti.
  • Usa percorsi brevi e sicuri: scale, rampe, salite, anche se più scomode.
  • Organizza la famiglia in squadra: chi è più forte aiuta i più fragili, chi è più rapido porta il kit d’emergenza.

Una testimonianza diretta

“Ho preso mio figlio di due anni nello zaino da trekking e con mia moglie abbiamo sostenuto mia madre sotto braccio. Abbiamo lasciato indietro tutto, ma siamo arrivati al sicuro. Non avremmo avuto tempo se ci fossimo fermati a pensare ai mobili.”
Andrea, residente a Faenza, alluvione 2023

Focus

Trasportare neonati, bambini e anziani durante un’alluvione significa avere un piano preciso: strumenti semplici, percorsi sicuri, ruoli chiari. Non si tratta di forza, ma di organizzazione. Prepararsi a questo scenario in anticipo trasforma il panico in azione efficace.